All’estero le urne sono chiuse ieri alle 16 e i primi dati arrivati a Palazzo Chigi, e pubblicati in anteprima da Repubblica, fanno sorridere il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e tutto il fronte del “Sì” al referendum. Secondo il quotidiano di Largo Fochetti, infatti, l’affluenza degli italiani residenti all’estero potrebbe aver raggiunto la soglia del 40%, molto più del 30% atteso perché in linea con le elezioni politiche del 2013. Un’alta affluenza fuori dall’Italia non può che favorire il fronte del “Sì” al referendum, dato che tra gli iscritti all’AIRE i favorevoli alla riforma sono in netto vantaggio (Repubblica parla di 65 a 35 per il “Sì”). Secondo i dati anticipati dal quotidiano diretto da Mario Calabresi, in Svizzera avrebbe votato il 42,2% degli aventi diritto e in Gran Bretagna il 37%. Tra oggi e domani, tutte le schede arriveranno a Fiumicino per essere trasferite a Castelnuovo del Porto e qui scrutinate domenica sotto lo sguardo di 7 magistrati della Corte d’Appello e 200 osservatori di entrambi i fronti.
Rispetto alle passate consultazioni, il 40% dell’affluenza sarebbe un record positivo che andrebbe ad eguagliare il 39,51% delle politiche del 2008. In tutte le elezioni successive, l’affluenza è stata molto più bassa: 31,59% alle politiche del 2013, 5,92% alle Europee del 2014 e 19,73% al referendum sulle Trivelle dell’aprile scorso. Il termine di paragone più corretto è quello con le elezioni del 2013, anche per il significato politico che ha assunto la consultazione del 4 dicembre. E, in questo caso, il balzo in avanti in termini di affluenza sarebbe davvero significativo.
Referendum, affluenza al 40% all’estero: “Sì” in vantaggio
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, gli italiani residenti all’estero che hanno diritto al voto sono 3.995.042 di cui 31.462 temporanei, ovvero che si trovano fuori dai confini nazionali per un periodo limitato causa studio, lavoro o cure mediche. Calcolatrice alla mano, con il 40% dell’affluenza si potrebbero registrare quasi 1.600.000 voti, un pacchetto di preferenze probabilmente decisivo in una consultazione che si potrebbe giocare sul filo di lana. Assumendo (secondo alcuni con qualche prudenza) che tra i voti esteri i “Sì” prevarranno sui “No” con un netto 60-40, questo significherebbe che sul milione e 600 voti espressi, 960.000 andrebbero al fronte dei favorevoli alla riforma e solo 640.000 a quello dei contrari. Proiettando un risultato finale 70-30 tra gli elettori all’estero, il vantaggio del “Sì” passerebbe da 300.000 a più di 600.000 voti.
Sarebbe molto preoccupante se il voto all'estero fosse determinante rispetto ai milioni di voti in Italia. @radioanchio
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) December 2, 2016
Il fronte del “Sì” negli ultimi mesi ha battuto molto sul tasto del voto all’estero con una scrupolosa campagna tra i circoli e i comitati fuori confine. Il Ministro delle Riforme e madrina del ddl costituzionale, Maria Elena Boschi, a fine settembre ha girato in lungo e in largo il Sud America per convincere gli espatriati di oltreoceano a sostenere la causa del “Sì” al referendum. Dall’altra parte, è stato Luigi Di Maio il vero mattatore del “No” in giro per l’Europa: Monaco, Londra, Mosca, Parigi, Bruxelles, Lugano, Dublino. Tutte metropoli del vecchio continente che il leader in pectore del Movimento 5 Stelle ha toccato per convincere gli italiani all’estero a respingere la riforma della Carta.
Nelle scorse settimane non sono mancate le polemiche sul voto estero causate dalla lettera inviata dal Comitato “Basta un Sì” nelle residenze degli italiani espatriati e dalle molte segnalazioni di irregolarità del voto. Tanto che, dieci giorni fa, il Presidente del Comitato per il “No” al referendum di domenica prossima, Alessandro Pace, ha annunciato che in caso di vittoria del “Sì” grazie ai voti all’estero sarà presentato un ricorso per valutare la correttezza delle procedure. Un sintomo di una preoccupazione crescente nel fronte del “No” per i risultati non certo incoraggianti che potrebbero giungere da tutto il mondo.