“Nel 2018 avrò la gioia di dire di aver raggiunto l’obiettivo miseria zero in Venezuela”, così ha annunciato il Presidente venezuelano Nicolás Maduro. Sebbene i settori a più basso reddito siano aumentati durante il 2013, Maduro ha assicurato che la povertà è diminuita grazie ai problemi di welfare del governo.
Eppure le difficili condizioni del Venezuela sembrano solo destinate a peggiorare. Il Paese sta vivendo un periodo di profonda crisi: si registrano, in particolare, la mancanza di beni di prima necessità e l’inflazione in forte aumento. A tal proposito, nel 2014 la Banca Centrale del Venezuela ha già immesso in circolazione 61,1 milioni di biglietti da 100 bolívar, ovvero il 100% in più di quanto emesso nello stesso periodo del 2013. E, considerato il tasso d’inflazione pari al 61,5% ad aprile, e tendenzialmente in accelerazione, gli esperti hanno calcolato che, nel giro di un paio di anni, i biglietti da un centinaio di bolívar rappresenteranno circa la metà del totale circolante.
L’altissima domanda di dollari statunitensi nel Venezuela sta determinando la svalutazione reale crescente del bolívar e, soprattutto, l’esplosione del mercato nero. Considerata la sproporzione fra il cambio ufficiale e quello del mercato nero – il dollaro statunitense sul mercato nero vale 11 volte rispetto al cambio ufficiale – conviene sempre più portare i dollari statunitensi verso quest’ultimo che impiegarli nell’acquisto di beni e servizi dall’estero. E proprio questo sta provocando l’imponente mancanza dei beni primari nel Paese sudamericano, che importa il 70% dei beni che consuma.
Dall’aprile 2013, ovvero quando Maduro è salito al governo in seguito alla morte di Hugo Chávez, il bolívar si è fortemente svalutato. E finora sono state inutili le politiche economiche messe in atto dal governo, come la stretta monetaria per evitare la fuga di capitali (sebbene alcuni esperti sostengano che la mancanza di dollari sta trasformando il Venezuela simile a Cuba).