Come cambia dopo il referendum costituzionale la geografica politica italiana
I confini politici dell’Italia come li conoscevamo non esistono più dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre che ha visto il trionfo del No.
Eravamo abituati ad alcuni punti fermi, con le regioni rosse Emilia romagna, Toscana, Umbria, Marche, che regalavano al centro-sinistra la predominanza alle elezioni, un Nord di centrodestra con poche significative eccezioni come il torinese, il veneziano, il Trentino Altro Adige, Genova. un Sud che variava moltissimo la propria appartenenza politica ed era vero e proprio ago della bilancia con pochi punti fermi, come la tendenza a centro-destra della Sicilia, quella a centro-sinistra della Basilicata.
Oggi sembra cambiato quasi tutto.
Referendum costituzionale, Milano e la Lombardia più per il Sì di molte aree di Toscana ed Emilia Romagna
Il Sì si è distribuito in Italia in modo piuttosto differente rispetto a quanto ci si potesse aspettare conoscendo la geografica del consenso al PD.
E’ soprattutto il Centro- Nord che vede alcune novità, che potrebbero essere positive per Renzi, soprattutto se crediamo alla vulgata per cui il 40% di Sì sarebbe tutto o quasi disponibile al voto per il PD.
La Lombardia è sempre stata più di destra del Piemonte, e non di poco, sia alle politiche che alle regionali che alle elezioni comunali, eppure oggi Milano e la Lombardia hanno votato per il Sì più del Piemonte e di Torino.
E dire che la regione Piemonte è andata più volte al centrosinistra, l’ultima volta nel 2014 con Chiamparino, mentre non è mai accaduto in Lombardia.
Certo, nel 2014 già si vedeva come il PD avesse avuto praticamente la stessa percentuale, poco più del 40% sia in una regione che in un’altra. Un certo spostamento vi era già stato dunque. Ora si è accentuato perchè il Sì in entrambi i casi e soprattutto in Lombardia è stato decisamente superiore che a livello nazionale, mentre allora il PD aveva avuto esattamente quanto aveva avuto a livello nazionale.
Ancora più grande è il cambiamento di paradigma se osserviamo il voto a Milano e Torino.
Non solo Milano si dimostra molto più vicina al PD di Torino, ma addirittura di molte aree delle cosiddette regioni rosse, come Livorno, in cui ha prevalso il No.
O di Ancona, che è sempre stata fedelissima al PDS prima e al PD dopo.
E’ chiaro dai casi di Torino e Livorno, città in cui le forze più radicali di sinistra, quelle esterne al PD, sono state sempre più forti, che una larga parte di quel magma chiamata sinistra ha abbandonato Renzi e il PD. Livorno ha sempre visto percentuali alte di Rifondazione Comunista, Torino era stata roccaforte della Rete prima, dell’Italia dei Valori e della stessa Rifondazione dopo, e ora con la provincia è una roccaforte del Movimento 5 Stelle che ha conquistato il comune.
Ancona invece non aveva mai visto l’emerge di forze di sinistra alternative al PD stesso. Cosa è successo ora?
Referendum costituzionale, il Sud abbandona il PD, per andare tra le braccia del M5S?
Le Marche in realtà sociologicamente spesso sono associate al Centro-Sud o meglio all’area romana, e probabilmente anche questo spiega il voto per il No anche superiore a zone più di centrodestra.
Come il Lazio nelle Marche già nel 2013 il Movimento 5 Stelle aveva avuto consensi superiori alla media, e la marcia trionfale è stata coronata quest’anno dalla conquista di Roma, che non a caso, contraddicendo anche qui la sua storia di vicinanza al centrosinistra regala al No una quota di consensi praticamente uguale a quella nazionale.
Ma è tutto il Sud che appare avere rigettato Renzi e il PD, anche la Basilicata che era una roccaforte del PD e che ora ha votato No quasi al 60%.
Nella mappa sulle elezioni del 2013 si osserva questa fascia appenninica meridionale che attraversa Basilicata e Calabria fedele al centrosinistra. Tutto spazzato via.
Napoli, che prima di De Magistris aveva avuto sempre sindaci del PD vota No più della ultra-conservatrice Verona, dove il sindaco ex leghista Tosi si era schierato a sorpresa per il Sì
Referendum costituzionale, il PD ha ormai cambiato tipologia di elettore
E’ un processo molto più profondo e più di lungo periodo rispetto a una singola elezione quello che sta prendendo piede. Le anticipazioni vi erano già alle europee del 2014, con il Nord che aveva lanciato oltre il 40% il PD mentre il Sud era stato molto più freddo.
Con questo referendum la mutazione sembra completa: ormai il PD appare come un partito che attira un elettorato non più strettamente di sinistra, ma che potremmo definire “liberal-riformista”, si sta radicando nelle città e nelle aree in cui una volta avevano consenso i partiti laici o più recentemente un centrodestra più moderato e non leghista. E’ il ritratto di Milano, non a caso, ma in generale del Nord Italia, mentre al Sud, complici i fenomeni De Magistris e Movimento 5 Stelle, la strada si fa più ardua per il partito di Renzi.
Dove vanno i voti in uscita di sinistra se Sinistra Italiana e Rifondazione insieme non fanno più del 5% circa, mentre in alcune aree il Sì ha perso rispetto ai voti del vecchio centrosinistra molto di più? Al Movimento 5 Stelle naturalmente, che ormai al Sud è primo partito e unisce in un connubio paradossale ex elettori di destra e di sinistra radicale.
Non sappiamo quale sia la situazione per il centrodestra. Ha sicuramente dato un contributo fondamentale al No, e l’affluenza record in Veneto, a Brescia e Bergamo lo testimoniano, probabilmente i sondaggi come sempre lo sottovalutano, ma si tratta comunque della conferma dei propri vecchi elettori. I rimescolamenti sono altrove.