Renzi, le consultazioni e il futuro del Pd: fissata l’Assemblea Nazionale

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Renzi, le consultazioni e il futuro del Pd: fissata l’Assemblea Nazionale

L’effetto del risultato del referendum di domenica scorsa non coinvolge solo Renzi “Primo Ministro” ma anche Renzi “Segretario”. Divenuto segretario l’8 dicembre 2013, una volta nominato premier, appena 2 mesi e mezzo dopo (22 febbraio 2014), decide di mantenere anche la carica di leader del PD. Come prevedibile, il desiderio veltroniano di fare del PD un partito a vocazione maggioritaria si è realizzato prima di tutto nei suoi difetti.

Renzi, le consultazioni e il futuro del Pd

Il correntismo interno

Connaturato ad un grande partito, infatti, è il correntismo interno. Esistente fin dalla sua nascita, nel 2007, è andato via via crescendo e affermandosi, soprattutto a partire dal 2014, quando due distinte cariche (segretario nazionale PD – Presidente del Consiglio dei Ministri) hanno iniziato a fare capo ad un’unica persona (Matteo Renzi). Anche il correntismo piddino, non “istituzionale” come quello della Democrazia Cristiana ma latente e riconoscibile, si è andato a personalizzare intorno alla figura del Primo ministro dimissionario: fronte renziano, da un punto di vista dello spettro politico, più al centro, e fronte anti-renziano, più a sinistra. Due sono state le occasioni, per così dire, nazionali, in cui le due aree si sono scontrate: il referendum sulle trivelle del 17 aprile 2016 e quello costituzionale di domenica scorsa.

I due referendum

Per ricordare, il referendum sulle trivelle vedeva il fronte renziano occupato a promuovere la non partecipazione dell’elettorato alla consultazione, mentre quello della sinistra democratica impegnato a sostenere il sì. Obiettivo raggiunto dal PD governativo, vista la scarsa partecipazione al referendum (poco più del 31% degli elettori), che non ha permesso il raggiungimento del quorum necessario a convalidarlo. Completamente opposto lo scenario del referendum costituzionale, in cui l’affluenza è schizzata a quasi il 70%, che ha visto la dominazione del no. A questo sono succedute le dimissioni del Primo Ministro e, contemporaneamente, anche la sua carica di Segretario dei democratici è iniziata a vacillare. Ieri la decisione. Dopo un giro di consultazioni con vari esponenti del Partito Democratico, il segretario indice l’Assemblea nazionale del PD per il 18 dicembre al fine di dare il via alla fase congressuale. Il Congresso Nazionale, a quanto si apprende, si dovrebbe tenere il prossimo marzo. Renzi è pronto a candidarsi per riconfermare la sua carica di segretario, oltre che per riaffermare la sua leadership in vista delle prossime elezioni politiche.

La sfida a quattro

In questi giorni si stanno facendo strada numerosi nomi che andrebbero a costituire la rosa degli sfidanti di Renzi alle primarie democratiche di marzo. Praticamente certo è il nome di Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana. Tra il toto nomi anche quello del Presidente pugliese, Michele Emiliano, e quello di Roberto Speranza, attuale leader della sinistra democratica. La decisione di Mattarella, riguardo al futuro governativo dell’Italia, è prevista per il 15 dicembre. Molto probabilmente l’esito dell’assemblea nazionale del PD del 18 dicembre sarà influenzata dalla scelta del Presidente della Repubblica (andare a elezioni anticipate o individuare un governo “traghettatore” che conduca alla fine della legislatura). Certo è che la vocazione maggioritaria rimane la strategia migliore per poter vincere le elezioni, soprattutto in vista di nuove regole elettorali, in cui il proporzionalismo sembra essere la soluzione più ricercata. E il Partito Democratico, volente o nolente, dovrà fare i conti con questo.

Camilla Ferrandi