Renzi Vs Minoranza: cosa è successo alla direzione Pd?
Alla presenza del Segretario Matteo Renzi, in dubbio fino all’ultimo, la direzione del Pd ha approvato con voto unanime la mozione di “sostegno” al governo di Paolo Gentiloni. Anche dalla minoranza “bersaniana”, nessun ostacolo al nuovo esecutivo. Intorno alle 14, i capogruppo di Camera e Senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, hanno incontrato il Presidente del Consiglio incaricato, impegnato nella scelta della squadra di governo.
Renzi Vs Minoranza: Cosa è successo alla direzione Pd?
Fin qui tutto bene. Quando si è iniziato a discutere del futuro del partito, la situazione è diventata molto più interessante. Roberto Speranza e i bersaniani, presentando un documento scritto, hanno fatto mettere a verbale il bisogno di “discontinuità” rispetto agli ultimi mesi, a questi 1000 giorni di governo.
Non é necessario che Renzi lasci la segreteria per anticipare il congresso se l’assemblea condivide e non elegge un successore. #statutopd
— Salvatore Vassallo (@sal_vassallo) 12 dicembre 2016
“Chiedo a Matteo Renzi di dirci se non c’è più spazio nel Pd per chi ha votato no, lo si dica con chiarezza. Io penso che bisogna recuperare un pezzo di elettorato che ha votato no. Il mio seggio è a disposizione, ho già dimostrato di non essere attaccato alla poltrona ma è inimmaginabile pretendere che si rinunci alle proprie idee” ha detto Speranza chiedendo un “cambio di rotta” e augurandosi un Congresso “vero” e non un “votificio della domenica mattina”.
#direzionePd “SE NON CAMBIA, IL PD MUORE”.
L’intervento integrale di Roberto Speranza.
-Video- https://t.co/RdNXjGrNxK pic.twitter.com/JW3eFbuTcQ— PD Sinistra (@PdSinistra) 12 dicembre 2016
Domenica, l’Assemblea Nazionale del Pd sceglierà se aprire la fase congressuale o meno, Renzi potrebbe decidere di dimettersi da Segretario per imporre delle tappe forzate in vista di elezioni politiche, possibili già a giugno. Questo gesto potrebbe dare il via a un braccio di ferro tra lo stesso Renzi e la minoranza su alcune norme statutarie che, teoricamente, impediscono di scandire il voto per un nuovo leader in tempi stretti. Speranza, in qualche modo, ha minacciato la scissione in caso il “colpo di mano” riuscisse all’ex premier. D’altra parte, questa lettura sta perdendo rapidamente consistenza: se l’assemblea condivide l’idea di anticiparlo, non ci sarà bisogno di dimettersi, ha precisato Salvatore Vassallo, veltroniano vicino a Renzi, uno degli estensori dello statuto Pd.
.@orfini: “Serve un partito strutturato” L’intervento in #direzionePd https://t.co/qAyd8mjhiN
— l’Unità (@unitaonline) 12 dicembre 2016
Renzi ha tenuto per sé, l’ultimo intervento. Gianni Cuperlo, esponente della minoranza che però ha votato Sì al referendum, a rilevare il problema: “è un po’ un’anomalia tenere una discussione tra noi, in assenza di una relazione che ci consenta di fare tale riflessione”. La sua attesa, quella di tutti, è stata ampiamente ripagata. “Se si fa un congresso, e io vorrei, si fa sapendo che c’è un appuntamento importante: le elezioni”, ha mostrato le sue intenzioni Renzi. Votare presto, certo, prima della scadenza dei vitalizi, in funzione anti-5 stelle, ma con quale legge elettorale? La direzione oggi si è implicitamente sbilanciata sul Mattarellum, l’ex premier spera più in una sentenza auto-applicativa della Corte Costituzionale sull’Italicum. “Il parlamento deve fare la legge elettorale” ha ricordato nel suo intervento il Presidente Matteo Orfini. Presto arriverà una nuova proposta di legge Dem?
Ma la questione del Congresso è al momento quella fondamentale. Si parlerà, soprattutto, di “lealtà” ha avvisato l’ex premier, anticipando di voler riprendere in mano la situazione partendo dalla percentuale di voti a favore della riforma costituzionale, “Il 59% è voto politico? allora lo è anche il 41?”.