Il “moderato” Rohani non esclude un possibile intervento dell’Iran per fermare l’avanzata jihadista in Iraq – arrivata quasi alle porte della capitale – il senso del suo ultimo intervento è “possiamo collaborare anche con gli Usa, se da Washington decideranno di intervenire in soccorso del governo di Baghdad”.
Rohani ha comunque smentito che 500 guardie della rivoluzione siano già presenti nella provincia di Diyala, notizia lanciata dalla Cnn. La guerra al terrorismo deve essere affrontata con le parole ma, soprattutto, con i fatti – ha detto Rohani – per cui “forniremo l’assistenza necessaria, nel quadro del diritto internazionale”.
Per Rohani i sunniti dello “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIL) sono alleati delle parti politiche irachene sconfitte alle elezioni di Aprile; l’Iran, “guida” sciita, ha stretto da allora forti legami, sia politici sia economici, con il governo, anch’esso sciita, insediatosi a Baghdad. Teheran, quindi, non lascerà da solo il primo ministro Nuri al Maliki che, nel frattempo, minaccia la pena di morte per i disertori, dopo la rotta dell’esercito nel nord del paese, ma che può contare sui volontari di Hezbollah e di altre formazioni sciite.
Obama, letteralmente colto di sorpresa dall’avanzata “ribelle” nonostante Fallujah – 60 chilometri da Baghdad – fosse in mano ai jihadisti sin da Gennaio, non sembra intenzionato a inviare truppe sul territorio iracheno: al Pentagono si valuta l’intervento con droni per bombardare le postazioni degli insorti.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato: “quello che accade in Iraq è la prova del fallimento totale dell’avventura intrapresa prima di tutto dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna e di cui hanno definitivamente perso il controllo”.
Obama, in effetti, non fa altro che incassare “figuracce”: ha perso il controllo sull’Egitto favorendo i Fratelli Musulmani, ormai sconfitti, (il Cairo ha stretto relazioni con Mosca: i russi hanno piantato una base navale ad Alessandria); ha appoggiato gli insorti siriani, alleati di Al Queda e dello stesso ISIL; in Afghanistan ha trattato con i talebani spingendo da parte Karzai, ammettendo la propria sconfitta; in Libia ha operato per abbattere il regime di Gheddafi, permettendo il disordine di oggi e che ha portato all’assassinio del suo ambasciatore Chris Stevens; in Kirghizistan è stato sfrattato e la base americana di Manas ceduta ai russi; in Europa ha sfruttato la crisi ucraina per vendere il gas statunitense, senza tenere conto dei forti legami fra i paesi europei e la Russia; in Israele ha fatto cilecca nel promuovere il dialogo con i palestinesi, tuttavia, assecondando la politica di Benjamin Netanyahu di costruzione degli alloggi nei Territori occupati.
Adesso la collaborazione con l’Iran potrebbe rivelarsi fondamentale e il “grande nemico” dell’Occidente, grazie alla mossa di Rohani, sarebbe riabilitato sulla scena internazionale, dopo decennio di isolamento.
Guglielmo Sano