Il gruppo azzurro scelto per la competizione iridata può basarsi sulla classica struttura a blocchi. In particolar modo, nella lista di convocati stilata per l’avventura brasiliana, Cesare Prandelli ha optato per un blocco predominante – quello della Juventus, che ha 6 uomini nei 23 selezionati – ed altri 4 “mini blocchi”, quelli cioè di Milan, Torino, Parma e Paris Saint Germain, che forniscono al ct 3 calciatori ciascuno. A chiudere la lista ci sono due giocatori per i club romani (Candreva per la Lazio e De Rossi per la Roma) ed uno per Fiorentina (Aquilani), Napoli (Insigne) e Genoa (Perin). Assente invece una nobile decaduta come l’Inter, con Ranocchia portato in Brasile come riserva ma poi rispedito a casa.
Nella rosa di 23 spicca dunque la presenza di un blocco granitico di giocatori militanti nella squadra allenata da Antonio Conte, un’autentica corazzata che sta dominando la Serie A da 3 stagioni. Il gruppo bianconero è praticamente immutato rispetto a quello che partecipò agli Europei di 2 anni fa, con la sola eccezione di Giaccherini, ceduto nel frattempo al Sunderland e questa volta non convocato da Prandelli.
La presenza di un nutrito blocco di calciatori provenienti dalla squadra che detta legge in Italia può essere un elemento di buon auspicio per le fortune degli Azzurri? Nella tabella successiva è rappresentato uno storico dal 1930 – anno del primo Mondiale – ad oggi, con una panoramica dell’andamento degli Azzurri e dell’apporto dato alla selezione dai campioni d’Italia.
Escludendo il Mondiale in corso, ad oggi sono state disputate ben 33 fasi finali, tra Coppa del Mondo e Campionati Europei. Gli Azzurri hanno mancato la qualificazione alla fase finale dei Mondiali solo 2 volte (1930 e 1958) su 19. Più stregata invece la competizione continentale, alla cui fase finale l’Italia ha partecipato appena 8 volte su 14 edizioni. Molto positivo il rendimento della selezione tricolore nelle 23 partecipazioni alle fasi finali delle due competizioni: in ben 13 edizioni gli azzurri si sono piazzati nei primi 4 posti, con 5 vittorie (Mondiali ’34, ’38, ’82, ’06 ed Europei ‘68), 4 secondi posti ed altrettante semifinali raggiunte.
Ciò che salta all’occhio è che in tutte e 5 le competizioni vinte la selezione azzurra ha sempre avuto un blocco solido di riferimento appartenente alla squadra campione d’Italia. Viceversa, in ben 3 delle 6 eliminazioni al primo turno non c’era un blocco predominante afferente al club neo scudettato.
Sembra esserci dunque correlazione positiva tra la presenza di uno zoccolo duro di “neo scudettati” e il percorso degli Azzurri nelle competizioni internazionali. Viceversa, in un campionato in cui le big sono zeppe di stranieri, i risultati della Nazionale drammaticamente ne risentono. Eclatante il caso del Mondiale 2010 (con l’Italia eliminata ai gironi), in cui tra le file azzurre non compariva nemmeno un elemento dell’Inter del Triplete, a differenza di una Juventus che, pur chiudendo ad un anonimo 7° posto in campionato, presentava il gruppo più numeroso (ben 6 elementi su 23).
Chiaramente, non sempre le ciambelle escono col buco. Nel ’54 e nel ’66 il blocco predominante di interisti freschi campioni non evitò agli Azzurri l’onta dell’eliminazione al primo turno – idem nel ’62 con il blocco di milanisti scudettati – mentre viceversa nel 2000 l’Italia arrivò ad un passo dalla vittoria finale dell’Europeo nonostante il magro apporto alla rosa azzurra da parte del club campione d’Italia (la Lazio, presente con appena 2 giocatori). Quello della Nazionale di Zoff è però anche l’unico caso, su 27 partecipazioni azzurre alle fasi finali, in cui l’Italia ha conquistato la finale senza un blocco predominante facente riferimento alla squadra campione d’Italia. Segno di come un “blocco scudettato” non è garanzia di successo, ma accresce decisamente le possibilità di disputare un buon torneo. Toccherà al campo confermare o smentire il trend.