Governo Gentiloni: le sfide del nuovo esecutivo
Il nuovo esecutivo guidato da Paolo Gentiloni (pressoché identico a quello anteriore, tanto da essere rinominato “governo fotocopia”) ha incassato la fiducia delle due Camere. Prima, alla Camera dei Deputati. Poi, nella giornata di ieri, al Senato della Repubblica. L’esecutivo diventa così totalmente operativo. Ecco, allora, quali saranno le sfide più difficili per il Paese, gli impegni maggiori e le insidie per la maggioranza.
Governo Gentiloni: completare le riforme
Il premier ha dichiarato di voler chiudere quel ciclo di riforme aperto dal governo Renzi. Lo ha rimarcato in entrambe le camere e ha suscitato, per le opposizioni, frustrazione e forte dissenso. Il governo di scopo non c’è stato. Gentiloni e il PD proseguono con la loro maggioranza e si andrà avanti fino a quando questo esecutivo avrà la fiducia del Parlamento. Queste dichiarazioni (prese dal discorso alla Camera dei Deputati, che abbiamo analizzato in maniera dettagliata) cozzano con l’intenzione iniziale di tornare alle urne il prima possibile. Le principali riforme di cui parla Gentiloni sono quelle “incompiute” del governo Renzi. Parliamo della riforma della giustizia, della riforma della Pubblica Amministrazione e del libro bianco della Difesa. Tuttavia, non è da escludere che l’attuale governo si faccia carico di ulteriori aggiustamenti.
Governo Gentiloni: gli impegni internazionali
Oggi ci sarà l’esordio al Consiglio Europeo di Paolo Gentiloni. L’ex ministro degli esteri conosce bene le istituzioni europee e dovrebbe avere un atterraggio “soft”. Questo non è che il primo di una serie di importanti impegni di carattere internazionale. Il più rilevante sarà il G7 del 26 e 27 maggio: proprio l’Italia ospiterà uno dei vertici più rilevanti al mondo e lo farà a Taormina, in Sicilia.
Governo Gentiloni: la pressione per tornare alle urne e il Jobs act
La spinta riformatrice di questo governo fotocopia è stata dichiaratamente osteggiata da tutte le opposizioni, che chiedono un ritorno alle urne in tempi rapidi. La Consulta dovrebbe esprimersi il 22 gennaio sui criteri di costituzionalità dell’Italicum. Il Consultellum, di per sé, non basterà per tornare al voto. Grillo, Salvini e Meloni hanno già assicurato la presenza nelle piazze per chiedere al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere. Più tempo passerà, maggiore sarà la pressione esercitata sul Capo dello Stato e sullo stesso esecutivo. Un governo che, tra l’altro, rischia di veder cadere la sua riforma principale: quella del lavoro. La CGIL vuole un referendum abrogativo e si aspetta il parere della Corte per la sua ammissibilità. Inoltre, sia il centrodestra che il M5S hanno assicurato di voler mettere in soffitta la riforma del lavoro, qualora dovessero vincere (o l’uno o l’altro) le elezioni.