Istat: profilo del nuovo migrante italiano Intervista a Francesca Licari
Non si arresta la fuga dall’Italia. Nel 2015 sono stati 147 mila i nostri concittadini ad emigrare, l’8% in più rispetto al 2014. Lo stima l’Istat in un report su “Migrazioni della popolazione residente”. Ne parliamo con la dott.ssa Francesca Licari, la curatrice del report.
Il profilo del migrante italiano
Dott.ssa Licari, secondo il report dell’Istat sono sempre di più gli italiani che decidono di emigrare, una tendenza in continuo aumento dal 2007. Qual è il profilo dell’ “emigrato moderno”?
L’emigrato italiano è maschio, giovane, con un livello di istruzione medio-alto e celibe, questo è il profilo medio che emerge dal rapporto dell’Istat sulle “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente” nel 2015. Ma la mobilità italiana è diventata di anno in anno sempre più mutevole per racchiudere il profilo del migrante dentro uno perimetro così rigido. Tra gli emigrati italiani ci sono infatti anche padri e madri di famiglia oppure anziani, professionisti altamente qualificati e persone con titolo di studio medio-basso. Si muovono da soli, ma anche in famiglia. La maggior parte sono italiani dalla nascita, ma uno su cinque ha origine straniera. Le mete degli emigrati italiani sono prevalentemente europee: nelle prime posizioni troviamo Regno Unito e Germania in una sorta di staffetta che le vede alternarsi di anno in anno al primo posto sul podio delle mete più ambite dagli italiani.
Perché i nostri laureati prediligono il Regno Unito?
Le motivazioni che spingono gli italiani ad espatriare variano con l’età, il genere e le aspettative. Il Regno Unito può rappresentare per i giovani con elevati skills la possibilità di inserirsi in un’economia in cui il sistema terziario rappresenta i due terzi del Pil, e che vede la presenza di multinazionali del settore finanziario e assicurativo. Inoltre, la conoscenza della lingua inglese è ormai ampiamente diffusa tra i giovani e rende più semplice l’inserimento nella vita culturale e sociale del paese ospitante.
Ha influito in qualche modo la paura pre-Brexit?
Allo stato attuale non è chiaro quali saranno in futuro i rapporti tra Regno Unito e Unione Europea: quali trattati resteranno in vigore e quali perderanno valore e come verranno eventualmente sostituiti. Al momento gli effetti della Brexit sotto il profilo delle emigrazioni non sono apprezzabili sulla base dei dati del 2015.
Nel 2015 il Mezzogiorno ha segnato il maggior numero di partenze per l’estero e, come ha segnalato il vostro istituto in un altro report, il Sud Italia è ancora l’area più esposta al rischio povertà e esclusione sociale. C’è qualche correlazione fra i due dati?
Fino a qualche anno fa le migrazioni dal Mezzogiorno erano prevalentemente dirette verso il Centro-Nord. Negli ultimi anni, in concomitanza con l’estendersi delle conseguenze sociali della crisi, sono ripresi i flussi verso l’estero. Questo fenomeno riguarda tutto il Paese, e conferma che il rapporto tra risorse umane e opportunità è squilibrato ovunque. Il Mezzogiorno è l’area in cui è più elevato il “surplus” di giovani rispetto alla capacità di assorbimento del mercato del lavoro, e questo squilibrio incide pesantemente sulla decisione di emigrare. La ripresa delle emigrazioni verso l’estero è una delle più significative manifestazioni della crisi che sta attraversando il Paese.