Jobs Act: le alternative anti-Referendum
Jobs Act: le alternative anti-Referendum
Lo spettro dei referendum sul Jobs Act, sui quali si pronuncerà la Corte costituzionale l’11 gennaio, agita la maggioranza. Pd ed alleati sono già al lavoro sulle possibili exit strategies da applicare se arrivasse il disco verde della Consulta. Di una delle ipotesi ne abbiamo già parlato ampiamente in un articolo di mercoledì scorso. Ovvero, le elezioni anticipate. Con l’ok di Palazzo Giustiniani, infatti, il referendum dovrebbe tenersi tra il 15 aprile e il 15 giugno. Fatto salvo che, in questo periodo, non siano previste elezioni politiche. In questo caso, infatti, il referendum slitterebbe all’anno prossimo.
Jobs Act: elezioni anticipate o modifiche al testo?
Una soluzione a cui guarda con attenzione il ministro Giuliano Poletti, strigliato in settimana da Susanna Camusso. “Insistere sullo slittamento del referendum significa non avere il coraggio di affrontare i problemi” ha tuonato la segretaria CGIL. Come riporta Repubblica, in questo caso il quadro è già abbastanza delineato: si voterebbe l’11 giugno 2017 con il Mattarellum. A tal proposito, infatti, il deputato Pd Michele Nicoletti ha già presentato la proposta di legge per tornare al sistema ideato dall’attuale presidente della Repubblica. La soluzione, però, non piace al presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha parlato di scelta “irresponsabile e controproducente”.
“Non posso immaginare che a decidere sulla durata della Legislatura influiscano temi estranei al bene del Paese e che riguardino le singole velleità di leader, partiti e movimenti, o addirittura la paura di altri appuntamenti referendari che sembrano profilarsi nei prossimi mesi” ha detto proprio Grasso, durante la conferenza di auguri con la stampa.
Secondo Repubblica, però, c’è anche un’altra strada. Vale a dire, modificare l’attuale testo in vigore. Una soluzione più facilmente percorribile per quel che riguarda i voucher e le responsabilità degli appalti. L’ex ministro Cesare Damiano ha spiegato, infatti, che per restringere l’utilizzazione dei voucher si dovrebbe tornare alla legge Biagi. Diverso, invece, è il caso dell’articolo 18, abolito proprio dal Jobs Act.
Jobs Act: il quesito su Articolo 18 a rischio inammissibilità
Proprio quest’ultimo quesito, però, è quello a maggior rischio di inammissibilità da parte della Corte. A dirlo è il Corriere della Sera, che ha interpellato fonti vicine alla Consulta. In particolare, esse spiegano come la proposta della CGIL si trovi proprio sul confine tra referendum abrogativo e propositivo. Ossia, un istituto che la Renzi-Boschi prendeva in considerazione, ma la Costituzione vigente no.
A rendere il tema labile è proprio il titolo del quesito: “Nuova tutela reintegratoria nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende al disopra dei cinque dipendenti”. Insomma esso prevede un’estensione dell’articolo 18, originariamente applicato a quelle aziende con più di 15 dipendenti. Per questo motivo, quindi, la Corte potrebbe respingere del tutto la proposta, non potendo ammetterne la sola parte abrogativa.
Se sul referendum la parola spetta alla Corte costituzionale, dura è stata la reazione di Confindustria. A tal proposito, il Vincenzo Boccia ha dichiarato: “prendiamo il referendum sul Jobs Act. Cosa accade? Io imprenditore attendo e non assumo . Questi sono i capolavori italiani dell’ansietà totale, perciò siamo i più bravi, perché viviamo in condizioni di perenne incertezza”.