Turchia, ucciso ambasciatore russo da poliziotto. Che conseguenze?

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Turchia, ucciso ambasciatore russo da poliziotto. Che conseguenze?

L’uccisione dell’ambasciatore russo in Turchia, Kárlov, ha preceduto di poche ore la mattanza di Berlino. Il gesto del giovane poliziotto turco 22enne, Melvüt Mert Altintas (rimasto ucciso poco dopo nella sparatoria con le forze dell’ordine) può rappresentare il più grande incidente diplomatico di questo 2016. Il gesto è stato immediatamente condannato da tutte le maggiori forze politiche. Il poliziotto turco ha voluto “vendicare ciò che sta succedendo ad Aleppo” rifacendosi a una ipotetica legge del taglione. Probabilmente, il fine dell’uccisione dell’ambasciatore Andrei Kárlov consisteva nel minare i negoziati di pace per la Siria, che sarebbero cominciati all’indomani (ovvero, oggi).

La complicata relazione del triangolo Putin-Assad-Erdogan

È indubbio che i massimi attori dell’attuale momento del conflitto in Siria siano il presidente russo, il presidente turco e l’attuale presidente siriano. Europa e Stati Uniti (nonostante le dichiarazioni di rito e la collaborazione militare) sono alla finestra per conoscere gli sviluppi del triangolo Putin-Assad-Erdogan. Una prima distensione tra i presidenti di Russia e Turchia e la riconquista di Aleppo sembravano potessero segnare il punto di svolta della guerra in Siria. Ieri, però, è arrivato – improvviso e inaspettato – il tragico colpo di scena, presso un museo di Ankara. Il lavoro sotterraneo delle diplomazie della stessa Ankara e di Mosca sembra poter saltare per colpa del tragico evento. L’uccisione di un ambasciatore (massimo rappresentante di uno Stato in territorio straniero) rappresenta uno dei crimini più gravi per il diritto internazionale.

Le reazioni all’uccisione dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov

Nonostante il rigetto pressoché totale dell’azione del giovane poliziotto, le reazioni nel merito sono state abbastanza variegate. Il nostro Maurizio Gasparri attacca forte sul carattere religioso dell’assassinato.

Anche il premier Paolo Gentiloni si professa vicino alla nazione russa, nel momento del dolore. In questo caso, nessun riferimento di sorta alla religione. Le parole del primo ministro sono (e devono essere) più moderate rispetto a quelle di vari colleghi della destra italiana.

 

La maggior parte dei personaggi di spicco della politica internazionale condanna unicamente l’episodio, mentre una minoranza trova nella religione la motivazione principale dell’attentato.