Siria: il lungo inverno di Assad
Da Beirut – Le migliaia di persone “evacuate” da Aleppo sono l’immagine di una spartiacque: il conflitto civile, così come lo abbiamo conosciuto, è terminato. Rimane Idlib, in mano ad Al Nusra, l’Est, occupato dall’Isis; e il Nord, sotto le milizie curde, eppure l’obiettivo di Assad è stato centrato.
Le cinque maggiori città della Siria sono adesso in mano alle forze governative, anche se informazioni provenienti dai gruppi ribelli affermano che alcuni quartieri periferici di Homs siano ancora sotto bombardamento dell’areonautica russa e siriana. I vuoti non mancano e il controllo capillare del territorio è ancora lontano dall’essere raggiunto.
L’attacco all’ambasciata russa di Damasco di pochi giorni fa con colpi di mortaio dimostra la difficoltà delle forze lealiste a controllare le zone rurali adiacenti alla capitale. Il filtro all’informazione apposto dal Governo siriano non aiuta a capire il quadro totale, ma i rifugiati presenti in Libano, costantemente in contatto con famiglia e amici al di là del confine, tratteggiano l’estrema parcellizzazione del paese. Un villaggio un Governo, una strada posti di blocco di diversi schieramenti: il conflitto continua.
Siria: il lungo inverno di Assad
Continua nel segno del compromesso storico. Nasrallah, leader di Hezbollah, partito e milizia libanese presente nel conflitto siriano fin dal 2013, ha affermato pochi giorni prima di Natale ad Al-Manar Tv che “l’impegno del gruppo nella guerra civile andrà avanti indefinitamente”.
Se da una parte le parole di Nasrallah dimostrano l’estrema difficoltà dell’esercito regolare siriano nel condurre la guerra senza aiuti esterni, dall’altra mutano gli assetti di bisogno reciproco. La famiglia Assad è sempre stata alleata di Hezbollah. Le armi siriane di produzione sovietica giungevano quotidianamente nella valle della Bekka, rifornendo gli alleati sciiti durante il conflitto civile libanese.
Oggi il gigante siriano si è impantanato e quello che sembrava soltanto un movimento nazionale libanese ha aumentato il suo raggio d’azione, modificando a suo vantaggio i rapporti di forza. Discorso simile anche sull’asse Damasco-Mosca. L’alleanza tra la Siria e il Cremlino risale alla guerra fredda, ma Il legame tra i due paesi, in passato, non ha mai raggiunto il rapporto di dipendenza attuale. L’atteggiamento remissivo del Presidente alawita nei confronti dei propri alleati può quindi essere connesso ad una progressiva concessione di sovranità: compromesso necessario per la vittoria.
La perdita di autonomia ha diverse nature: militare, truppe Hezbollah e basi russe rimarranno nel paese; geopolitica, in passato la Siria ha giocato un ruolo fondamentale sull’asse Tehran-Riad, oggi la dipendenza dall’Iran è evidente e incontrovertibile; infine economica. Assad uscirà probabile vincitore dal conflitto, ma le sue concessioni mostrano il limite futuro di manovra.
Una “vittoria di Pirro”, un sacrificio enorme, in termini di vite e potere, per restare alla guida del paese. Anche gli alleati sono però a rischio, le sabbie mobili siriane, con una lenta trasformazione del conflitto in guerriglia, potrebbero divenire prigione diplomatica per chi ha scommesso tanto sull’immagine di leader di Assad. Se in futuro il Presidente siriano non dovesse camminare con le proprie gambe, la narrazione della guerra civile potrebbe concludersi con una sconfitta.
Davide Lemmi