Siria: la battaglia per l’acqua di Damasco
Beirut – I termini della tregua, annunciata da Vladimir Putin e confermata dal Presidente turco Erdogan, sono a rischio. L’esercito libero siriano, una delle frange moderate incluse nell’accordo siglato da Mosca, ha denunciato l’attacco di milizie Hezbollah nella zona di Wadi Barada. La regione, situata a Nord della capitale, è caratterizzata da una fonte d’acqua, chiamata Ain al-Fijeh, decisiva per il rifornimento di Damasco. La lunga strada per Astana si complica. La capitale del Kazakistan avrebbe dovuto ospitare i colloqui di pace, secondo le parole di Putin, “ad un mese dall’inizio del cessate il fuoco”.
Siria: la battaglia per l’acqua di Damasco
Tregua minata, secondo gli esponenti del Els, dagli interessi del regime nella zona circostante di Damasco. “Noi abbiamo rispettato gli impegni e gli accordi”, così un comunicato diffuso dai ribelli, “ma il regime ha disatteso la parola data, congelando ogni passo in avanti nei negoziati che si terranno ad Astana”. La risposta di Damasco non si è fatta attendere. Secondo fonti governative, la zona di Wadi Barada sarebbe infatti nelle mani di gruppi affiliati a Fateh al-Sham, ex Al Nusra, esclusi dai negoziati per la tregua e quindi ancora formalmente in guerra. I problemi di Damasco con il rifornimento d’acqua risalgono a circa 20 giorni fa e le accuse da parte del Governo ai ribelli di avvelenare i pozzi non sono una novità.
“Mentre il regime si è impegnato nell’accordo di tregua del 30 dicembre, ha approfittato dell’assenza di comunicazioni durante il giorno successivo per continuare le sue operazioni militari in zona”, Dani Qappani, attivista siriano di Wadi Barada ci descrive la situazione, “non c’è nessun miliziano dell’Isis o di al Nusra nell’area”. La regione interessata negli scontri ha una popolazione di circa 100mila persone, distribuite in 13 villaggi, e il rischio di vittime civili è molto alto. Stando alle informazioni trasmesse dall’esercito libero siriano, Hezbollah sarebbe affiancato dall’artiglieria siriana.
La situazione in Siria continua ad essere particolarmente delicata e gli appelli russi dediti a preservare la debole tregua sembrano non funzionare. La questione della crisi idrica che ha investito Damasco è in cima ai dossier sulla scrivania del Presidente Assad. Forte dell’appoggio incondizionato di Hezbollah e Iran, il Presidente alawita forza la mano per risolvere il problema acqua e sedersi al tavolo dei negoziati di Astana in una posizione ancor più di forza. Intanto i garanti dell’accordo, Russia e Turchia, nonché sponsor dei tavoli di pace di Astana, ad ora rimangono alla finestra senza prendere posizione sulla battaglia.
Il riavvicinamento tra Ankara e Mosca è stato un passo fondamentale per la tregua. La pressione esercitata da Erdogan sulle milizie che fanno riferimento alla sfera d’influenza turca, ha giocato a favore del cessate il fuoco, ma il riposizionamento turco potrebbe presto essere percepito come un tradimento. Se Erdogan lasciasse al loro destino le milizie siriane per concentrarsi sui curdi, e il patto con Putin sembra andare in questo senso, mancherebbe nell’accordo la controparte internazionale capace di far rispettare qualsiasi tipo di compromesso.
Nel breve termine l’attacco a Wadi Barada rappresenta un grande rischio per la road map che porta in Kazakistan. “Se le posizioni non torneranno come prima, l’accordo potrà essere considerato nullo”, conferma il comunicato dell’Esercito libero siriano. Intanto cresce l’ansia per il destino della popolazione civile, “Vi preghiamo di considerare che è in gioco la vita di più di 100.000 persone, la maggior parte delle quali sono bambini, donne e anziani, prima che il mondo sia testimone di un altro genocidio in questo 2017”, così Dani Qappani sui Social Network.
Davide Lemmi