Filippine: Duterte aiuterà i giornalisti contro i signori della droga?
Il presidente delle Filippine, eletto con ampio vantaggio sul suo avversario il 30 giugno 2016, è noto alle cronache internazionali per il pugno duro usato contro la criminalità organizzata e la lotta alle droghe. Proprio per la notorietà dei suoi metodi, le indagini sull’omicidio di un giornalista hanno richiesto il suo intervento.
Filippine: Duterte aiuterà i giornalisti contro i signori della droga?
Già alcune volte l’ex sindaco di Duvao Rodrigo Duterte si è contraddistinto come l’uomo dell’ordine pubblico per eccellenza tanto da guadagnarsi il soprannome di “The Punisher”( il Castigatore). Nei periodi in cui ha ricoperto la massima carica cittadina, Duvao era considerata come una delle città più sicure al mondo. D’altra parte, prima la Commissione per i diritti umani delle Filippine e poi anche Amnesty International hanno accusato Duterte di aver eccessivamente “calcato la mano”. Per esempio, nell’appoggiare i cosiddetti Squadroni della morte (Davao Death Squad) nella lotta alla droga e, più in generale, alla criminalità organizzata.
All’emergere di queste accuse si è definito come un “Hitler delle Filippine”, poiché la sua operazione anti-crimine sarebbe paragonabile alla “Shoah” ma con un fine più nobile e, quindi, giustificabile. Al momento della sua nomina, numerose furono le politiche discutibili annunciate per ottenere il consenso della popolazione. Prima di tutto sostenne la reintroduzione della pena capitale e, in particolar modo, dell’impiccagione, in più, avrebbe autorizzato la polizia a sparare nelle operazioni contro lo spaccio e il coprifuoco notturno per i minorenni oltre al divieto di vendita di alcool e sigarette ai locali a partire da una certa ora notturna. Anche sul prospetto internazionale si sono da registrati numerosi cambiamenti. Duterte ha chiuso, dopo cinque decenni, la collaborazione con gli Stati Uniti e ha iniziato un percorso di progressivo avvicinamento a Cina e Russia.
Dipinto tale contesto, le Filippine rappresentano uno dei paesi asiatici dove più viene garantita la libertà di stampa ma nello stesso tempo uno dei più rischiosi per la categoria dei giornalisti. Il rischio è determinato principalmente dalle denunce dei media locali sui narcotrafficanti, che causano abitualmente ritorsioni fatali. A farne le spese ultimamente è stato Larry Que colpevole di aver denunciato un certo lassismo degli ufficiali di polizia incaricati di indagare su un laboratorio di “shaboo” (metanfetamina).
Il presidente Duterte ha più volte dichiarato come la diffusione di questo tipo di droga fosse il nemico numero uno dello Stato. Proprio per questo l’Unione dei Giornalisti Filippini gli ha chiesto di incaricare la speciale Task Force da lui creata delle indagini sulla morte di Larry Que. Si tratta di una squadra di esperti, messa in piedi ad ottobre, formata da Ministri e importanti personalità della giustizia e delle forze dell’ordine, al fine di proteggere i media dalle minacce e dagli attacchi provenienti dai signori della droga. Per il momento, il presidente ha rinnovato la condannare delle violenze subite dai giornalisti filippini da più di trent’anni e ha incoraggiato il loro impegno nelle indagini sulla morte di Larry Que.
Michele Mastrulli