Il fenomeno Trump arriva in Europa
“Non mi riconosco nei media tradizionali, farò una campagna elettorale social”, con queste parole Marine Le Pen ha annunciato la strategia comunicativa che caratterizzerà la campagna elettorale del Front National in vista delle prossime elezioni politiche. L’intento palese è quello di ricalcare gli elementi rivelatisi vincenti del “fenomeno Trump”, con la sfida aperta e feroce ai media tradizionali accusati di falsificare la realtà per favorire l’establishment. La riproposizione in Europa di elementi provenienti da oltreoceano non è un fatto nuovo e negli ultimi anni si è sempre cercato di sfruttare l’onda lunga generata dall’interesse internazionale per le elezioni Usa, replicando immagini, slogan e strategie comunicative. Ma siamo sicuri che sia una strategia vincente?
Il “Si può fare” veltroniano, che aveva l’intento di replicare in Italia il modello vincente di Obama (con tanto di cartelli, tipici dei comizi americani), come sappiamo, non ha portato il PD al successo. Allo stesso modo la guerra contro i media tradizionali non costituisce un’esclusiva della campagna elettorale di Trump. Anzi, un’analisi corretta delle ultime presidenziali non può non tenere conto dell’enorme e utile visibilità concessa al miliardario di New York, soprattutto durante le primarie, da parte di quegli stessi media che lo hanno poi evidentemente osteggiato nella sfida con Hillary Clinton. Più che una strategia studiata a tavolino dunque, la lotta ingaggiata da Trump contro i giornali e le televisioni sembra essere stata anche una scelta obbligata dagli eventi, all’interno di un paese con caratteristiche democratiche molto diverse da quelle del Vecchio Continente, un fatto che i leader europei non possono ignorare. Sarebbe folle poi non tenere conto delle enormi differenze tra i media americani e quelli europei o del livello di diffusione e di importanza dei social network negli Usa rispetto all’Europa.
Marine Le Pen farebbe bene a ricordare che in Italia il Movimento 5 Stelle combatte da molti anni ormai una lotta feroce contro giornali e televisioni, senza aver ottenuto finora risultati paragonabili a quelli che Trump ha ottenuto in 9 mesi di campagna elettorale. Uno sforzo di memoria non impegnativo potrebbe rievocare gli albori politici dei 5 Stelle che, dopo un esordio estremista escludendo la televisione dai canali comunicativi e prima ancora con le gogne pubbliche del “giornalista del mese”, si trovarono a dover rivedere profondamente questa strategia dopo la batosta presa alle elezioni europee del 2014. Oggi la battaglia tra media e Movimento prosegue, a volte con recrudescenze di quello spirito giacobino originario come l’ultima proposta di Grillo di una giuria popolare per le “balle” dei media (una mossa difensiva per opporsi all’offensiva mediatica sui problemi della Giunta Raggi e subito stigmatizzata anche dai giornali non pregiudizialmente ostili al partito di Grillo), ma in generale il Movimento ha scoperto a sue spese quanto la Rete e internet da soli non bastino ancora per condurre una campagna elettorale vincente.
Fenomeno Trump in salsa europea? Rischio boomerang
La “trumpizzazione” dei movimenti anti-sistema europei potrebbe rivelarsi un boomerang perché sarebbe sciocco e politicamente miope tentare un’uguaglianza tra il nuovo Presidente Usa e i partiti che oggi, in Europa, tentano di replicarne le fortune. Intanto perché la vittoria di Trump, per quanto sorprendente, non è stata travolgente, ottenuta con pochi decimali di vantaggio e con un risultato negativo nel voto popolare; ma anche perché, per quanto certamente anti-sistema nei toni e nelle proposte, la campagna di Trump è stata comunque sostenuta (controvoglia e spesso senza convinzione) dal Partito Repubblicano, con finanziatori e lobby potenti. Trump non ha fondato un suo movimento partendo da zero ma si è inserito con prepotenza nel sistema sfruttandolo al massimo. I movimenti europei che oggi vorrebbero rifarsi al suo modello si muovono in ambienti molto diversi e devono necessariamente tenerne conto. In particolare il Front National, più che guardare a Trump, dovrebbe interrogarsi forse di più sui risultati contrastanti del primo e secondo turno delle recenti elezioni regionali del dicembre 2015 quando, nonostante il vantaggio in 6 regioni su 13, il partito di Marine Le Pen non riuscì ad aggiudicarsene nemmeno una.
Di certo sarà interessante seguire l’esito che questa prevedibile esportazione del fenomeno “Trump” avrà sulle democrazie europee e se queste dimostreranno di avere maggiori anticorpi rispetto agli Usa per affrontare l’ondata anti-sistema e se i media europei, dopo la batosta degli omologhi oltreoceano, troveranno il modo per contrastare questo tipo di strategie comunicative.
Andrea Balossino