L’Eurostat parla chiaro: il peso delle tasse è ormai insostenibile. Parla dell’Italia L’Ufficio Statistico dell’Ue, ovvio. L’ufficio sottoposto all’egida delle Commissione, poi, compara la situazione del Belpaese con quella degli altri Stati membri dell’Unione.
I contributi sono troppo alti: il peso del fisco sul Pil è del 44% in Italia, a fronte del 39,4% della media Ue. 5 punti percentuali in più causati dalle alte tasse sul lavoro: il doppio rispetto a Bulgaria, Malta e Regno Unito. La politica di tassazione sul lavoro non è comune in Europa e lo dimostrano le difformità riscontrate dall’Eurostat: dal 27,2% rispetto al Pil in Lituania a 48% danese (dove, tuttavia, la qualità dei servizi offerti alla popolazione è al top nella scala europea e mondiale). L’Italia, poi, manifesta pure il secondo maggiore aumento (solo dopo l’Ungheria) di tassazione rispetto al Pil (+1,6%).
Eurostat fa una media delle entrate (redditi fiscali) governative: il 51% del Pil sul totale delle imposte deriva dalla tassazione del lavoro (l’Irpef, per intenderci). La Svezia raggiunge il primo posto con 7,6 punti percentuali in più. Poi vi è l’imposta sui consumi col 28,5% (l’Iva, ad esempio). L’Italia si dimostra prima indiscussa dell’indice “implicit tax rate”, ovvero “l’aggregato del gettito fiscale come percentuale della base imponibile potenziale: il ‘tasso implicito di imposizione’, che misura il carico fiscale medio reale sui diversi tipi di reddito o di attività economiche (lavoro, consumi e capitale)”, come spiega Raffaele Ricciardi dalle colonne de La Repubblica. Dal rapporto tra le varie voci la percentuale sulla quale si attesta l’Italia – pari merito col Belgio – è del 42,8%, quando la media Ue a 28 membri è del 36,1%.
Daniele Errera