Zagrebelsky governo Gentiloni presa in giro dopo il referendum
Il governo Gentiloni è “il rifiuto di guardare la realtà, una riprova dell’autoreferenzialità del politicantismo. Quasi uno sberleffo dopo il 4 dicembre”. Gustavo Zagrebelsky era il “leader” dei “professoroni” attaccati a testa bassa da Matteo Renzi durante la campagna referendaria. E a voto (e vittoria) acquisito, decide di togliersi qualche sassolino dalla scarpa in una lunga intervista al Fatto Quotidiano. Ne ha per tutti, l’ex Presidente della Corte Costituzionale: per l’ex premier Renzi, Maria Elena Boschi, Giorgio Napolitano ma anche per il Movimento 5 Stelle che dovrebbero “chiarire alcuni punti del programma”.
Zagrebelsky governo Gentiloni uno sberleffo
La critica più forte comunque è quella riferita al neonato governo Gentiloni. Il costituzionalista però ci tiene a distinguere tra la figura del premier e il suo governo. Il primo, dice, è “una novità rispetto al precedente: è educato, parla sottovoce, dice cose di buonsenso e appare poco in tv, non spacca l’Italia tra pessimisti e ottimisti, fra conservatori e innovatori a parole”. Ma soprattutto, rispetto a Renzi, Gentiloni “pare dire le cose come stanno o, almeno, non dire le cose come non stanno”. Poi, viene il giudizio sul suo governo. Durissimo.
Era troppo sperare che si prendesse atto dell’enorme significato politico del referendum, del colossale voto di sfiducia che l’elettorato ha espresso nei confronti degli auturi della tentata riforma? Non è una questione personale: saranno tutte ottime persone. Ma è una questione politica. Invece, Maria Elena Boschi, la madrina della “riforma”, è stata promossa in un ruolo-chiave nel governo e la coautrice e relatrice, Anna Finocchiaro, è diventata ministro. Mah! L’unica novità è la ministra dell’Istruzione, subito caduta sul suo titolo di studio. Per il resto, uno scambio di posti. Ma per i nostri politici, forse perché sospettano di contare poco o nulla, chiunque può fare qualunque cosa
Zagrebelsky poi passa anche ad analizzare le ragioni del “No” che ha portato alle dimissioni di Matteo Renzi. Due in particolare: la retorica sullo scontro tra riformisti e reazionari e la “pessima qualità” della riforma costituzionale oggetto di referendum. “Sotto la riforma c’era un disegno – continua Zagrebelsky –, quello di restringere gli spazi di partecipazione, cioè di democrazia, per dare campo ancor più libero alle oligarchie economico-finanziarie”.
Infine, a domanda specifica del direttore del Fatto Marco Travaglio, il costituzionalista non le manda a dire neppure al Movimento 5 Stelle che pure lo avevano candidato al Quirinale nel 2013. “Stanno scoprendo la politica, evviva – dice Zagrebelsky –. Spero che si pongano il problema politico delle alleanze. In democrazia, le alleanze e anche i compromessi non sono affatto il demonio. Ma devono chiare i punti sulla democrazia interna, selezione della classe dirigente, programma, politica estera, immigrazione”. Ed è proprio sulla questione dei migranti che si concentra il giurista: “non esistendo una posizione chiara o chiaramente percepita del M5S, qualunque cosa dica può essere accusato ora di deriva lepenista, ora di lassismo buonista”.