Hard Brexit: per una Gran Bretagna più forte, unita e globale
“In questo momento stiamo abbandonando l’Unione europea … Non vogliamo più essere membri del mercato unico europeo … Non vogliamo nessuna parziale appartenenza alla Ue, nessuna associazione, niente che ci lasci metà dentro, metà fuori”, lo ha detto ieri la premier britannica, Theresa May, durante il suo tanto atteso discorso alla Lancaster House di Londra riguardo al piano del governo per la trattativa con Bruxelles. Il suo discorso, in cui svela le 12 priorità definite dal governo britannico per negoziare la #Brexit con l’Unione Europea, evidenzia la tenuta di una linea dura, anzi durissima. Una “hard Brexit”, un’uscita dalla Ue vera e propria, che non lascia alcuna possibilità di manovra.
Hard Brexit: per una Gran Bretagna più forte, unita e globale
Con la Brexit, May vuole una Gran Bretagna “più forte, giusta, unita e rivolta all’esterno”.
Poi così ha chiarito il primo ministro: “Il 23 giugno non è stato il giorno in cui la Gran Bretagna ha scelto di fare un passo indietro. È stato il momento in cui abbiamo scelto di costruire una Gran Bretagna veramente globale. So che questo – insieme agli altri motivi che hanno portato la Gran Bretagna a prendere tale decisione – non è sempre compreso dai nostri amici e alleati in Europa. E so anche che molti temono che ciò possa rappresentare l’inizio del disfacimento dell’Unione Europea. Ma vorrei essere chiara: io non voglio che ciò accada. Non è negli interessi della Gran Bretagna, anzi. Resta punto fermo e convinto dell’interesse nazionale britannico che l’Unione europea continui ad avere successo”.
“La tutela dell’Unione è al cuore di ogni azione della Gran Bretagna, perché soltanto uniti possiamo cogliere le opportunità che ci attendono”. E rivolgendosi agli europei: “ continueremo ad essere partner affidabili, alleati volenterosi e amici intimi. Vogliamo comprare i vostri prodotti e servizi, vendere i nostri, in uno scambio che sia il più libero e sicuro possibile … Sarete ancora i benvenuti in questo paese, come noi speriamo che lo siano anche i nostri cittadini nei vostri”. Inoltre, la #Gran Bretagna continuerà a combattere insieme all’Europa “i nemici comuni (il terrorismo, ndA) … i militari della Gran Bretagna continueranno a fare il loro dovere … Stiamo lasciando l’Unione europea, non stiamo lasciando l’Europa”.
Hard Brexit: le 12 priorità del governo di Londra
Durante il suo discorso, Theresa May continua elencando le 12 priorità del governo britannico “per raggiungere un grande obiettivo: una nuova, positiva e costruttiva collaborazione tra la Gran Bretagna e l’Unione europea”. La ricerca della migliore negoziazione sarà guidata, continua il premier, da 4 principi chiave: certezza e chiarezza; una Gran Bretagna più forte; una Gran Bretagna più giusta; una Gran Bretagna veramente globale.
Tra le priorità governative: il controllo dell’immigrazione; l’uscita dalla Corte di Giustizia Europea; il mantenimento dell’unità nazionale britannica; il diritto per i 3 milioni di europei residenti in Gran Bretagna di restarci a tempo indeterminato, così per il milione e mezzo di cittadini britannici residenti in Europa, il libero scambio con i paesi europei e i nuovi accordi commerciali con gli altri paesi. Il discorso della May contiene, al dodicesimo punto, una notizia inattesa: l’impegno a sottoporre l’accordo finale con l’Unione Europea, prevedibilmente fra un paio d’anni al termine della trattativa, a un voto del parlamento britannico, che potrebbe comunque bocciare l’accordo e lasciare tutto com’è. Ma la May non si dice preoccupata: “Il parlamento ha votato per indire il referendum, ha votato per iniziare il negoziato sulla Brexit, e sono certa che voterà anche per realizzare la volontà popolare di uscire dall’Ue”.
Oltre al voto del parlamento britannico, altri fattori potrebbero influenzare la realizzazione della Brexit, soprattutto della sua linea “hard” promossa dalla May: la sentenza della Corte Suprema sul diritto del parlamento britannico di dire la sua, che arriverà nei prossimi giorni; possibili elezioni anticipate a livello nazionale; le elezioni anticipate dell’Irlanda del Nord, che si terranno a marzo, potrebbero influire sugli umori di Londra riguardo all’Europa; l’andamento dell’economia.
Hard Brexit: fari puntati sull’economia
Ieri, i fari sono stati puntati proprio su quest’ultima. Dopo il discorso del primo ministro, la sterlina ha guadagnato il 2,8% sul dollaro, raggiungendo quota 1,2385 dollari. È il rialzo più forte registrato in un’unica seduta dall’inizio della crisi finanziaria. Ma gli economisti sono certi del fatto che si tratti solo di un rimbalzo tecnico, dato che gli investitori avevano già previsto e prezzato l’“Hard Brexit” del governo britannico. Inoltre, continuano gli esperti, ieri la sterlina ha potuto anche beneficiare del dietrofront del dollaro, che perde nei confronti delle principali valute mondiali.
Dunque, la scalata della sterlina di ieri non scongiurerebbe i timori di molti leader e imprenditori europei, secondo cui sarà la Gran Bretagna a rimetterci di più una volta che la Brexit sarà realizzata in tutte le sue componenti. D’altra parte, nonostante il discorso della May di ieri abbia fatto chiarezza sulle intenzioni del governo britannico, questo lascia comunque delle domande aperte, soprattutto nell’ambito commerciale. E le questioni non chiarite, commentano gli osservatori, riguardano la Gran Bretagna e il suo rapporto con l’Unione europea, non viceversa. Dal canto suo l’Ue non può far altro che beneficiare dei chiarimenti ed esemplificazioni del primo ministro britannico. Chiarita la posizione della Gran Bretagna, e preso atto di ciò, l’Unione europea può andare avanti e continuare il suo lavoro per far fronte alle tante sfide che ha di fronte, come, per esempio, l’immigrazione sempre crescente.