Le sentenze giudiziarie politiche in aumento?
Negli ultimi tempi la progressiva perdita di forza del potere legislativo ha prodotto un numero sempre maggiore di sentenze giudiziarie “politiche” o con effetti politici. I giudici intervengono ormai a più riprese per correggere leggi approvate dal Parlamento e il ricorso all’autorità giudiziaria come strumento di battaglia politica è aumentato esponenzialmente. Agli effetti deleteri del continuo ricorso alla giustizia per scopi politici, si somma la lettura politica (spesso errata) delle sentenze. La cronaca recente ci fornisce un primo esempio: il ricorso sostenuto dal PD per la presunta ineleggibilità di Virginia Raggi e per dichiarare nullo il Codice di comportamento per gli eletti di Roma del Movimento 5 Stelle.
Come noto il giudice ha respinto la domanda diretta ad ottenere la dichiarazione di ineleggibilità di Virginia Raggi e dichiarato inammissibile la domanda di nullità del Codice di comportamento. La legge è chiarissima sulle condizioni che determinano la perdita del diritto di elettorato passivo (ineleggibilità) e l’ipotesi formulata nel ricorso, molto semplicemente, non figura tra quelle previste (art. 60 d.lgs. 267, 2000). Per quanto riguarda il Codice di comportamento invece, il tribunale ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di nullità sia perché il ricorrente non è stato considerato “portatore di un concreto interesse ad agire”, ma soprattutto perché è stato utilizzato lo strumento giuridico errato. La parte più divertente della sentenza arriva verso la fine quando i giudici fanno notare ai ricorrenti la contraddizione palese nel richiedere la nullità del contratto che è il fondamento della richiesta principale, ovvero l’ineleggibilità! In breve un ricorso fatto male con esito scontato ma che dimostra appieno la tendenza della politica a portare lo scontro sempre più al di fuori del Parlamento. Ma non finisce qui, perché il Codice di comportamento, per la stampa, è diventato improvvisamente “valido” (rispetto a cosa?) nonostante la sentenza dica qualcosa di molto diverso.
Un altro esempio recente di questa tendenza viene dalla orribile campagna referendaria conclusasi il 5 dicembre. Non serve un grande sforzo per ricordare il numero esorbitante di ricorsi sul quesito, nessuno dei quali è stato accolto. Allo stesso modo, sempre nel corso della battaglia per il referendum, ha ripreso vigore l’idea che la bocciatura di parti della legge Calderoli (Porcellum) da parte della Corte Costituzionale, comporti una conseguente illegittimità del Parlamento. Il tutto nonostante la Corte, nella medesima sentenza, si sia presa la briga di spiegare perché invece il Parlamento è perfettamente legittimo.
Sentenze giudiziarie politiche: il panorama nazionale
Le cause, i ricorsi e le sentenze sono diventati strumenti per fare politica e i tribunali, insieme ai social network e televisione, i nuovi luoghi di scontro. Le sentenze dei giudici piegate alle necessità della propaganda più aggressiva e mendace, usate per avvalorare tesi prive di fondamento e pericolose (rilanciate poi con prepotenza sul web), oppure la pressante e continua minaccia di querele e ricorsi di ogni genere, portati avanti anche se inconsistenti, sono la prova di una nuova immonda maniera di concepire la lotta politica ma anche del continuo sconfinamento d’ambito tra potere legislativo e giudiziario, con i rappresentanti del primo che utilizzano a piene mani il secondo per perseguire obiettivi politici e di consenso o per sabotare quello altrui. In tutto questo non bisogna dimenticare anche la pessima qualità della produzione legislativa degli ultimi anni che ha obbligato i giudici ad intervenire innumerevoli volte per emendare errori.
Il Parlamento, con i suoi tempi, non è un luogo utilizzabile per la frenetica comunicazione politica odierna e dunque resta sullo sfondo perché lo scontro parlamentare di alto profilo difficilmente diventa “virale” e la maggior parte delle scene parlamentari divenute popolari in questi anni non sono state certo edificanti (insulti sessisti, sputi, spumanti e mortadelle). Il centro preciso del potere garantito dalla Costituzione, il Parlamento eletto con suffragio universale, non è più tale. Lo è nella forma ma è fuori che i nostri politici decidono di stare, presi a litigare perennemente pensando alle elezioni invece che a trovare accordi, che in definitiva sarebbe il loro mestiere.
Sentenze giudiziarie politiche: anche quella sull’Italicum lo sarà?
L’attuale pigra attesa dell’ennesima sentenza della Corte Costituzionale per stabilire la regolarità o meno dell’Italicum è la riprova di quanto detto. Considerati infatti gli appelli “al voto subito”, “gli italiani vogliono votare” e i “non abbiamo paura del voto”, sarebbe stato lecito aspettarsi un attivismo maggiore per sanare il problema elettorale italiano che dura ormai da oltre dieci anni. E invece no, aspettano tutti la decisione della Corte, nascosti dietro la comoda e rassicurante toga e l’autorevole ermellino.
Andrea Balossino