Libri consigliati: La versione di Barney, di Mordecai Richler
Quando terminai di leggere l’ultimo passo della versione dei fatti di Barney Panofsky, mi trovavo in attesa di un volo di linea che da Atene mi avrebbe dovuto ricondurre in Italia. Il senso di una rovente quanto lieta dispersione estiva delle grandi sale di smistamento dell’aeroporto Eleftherios Venizelos, permeava i miei pensieri e le mie percezioni. Scrutando i mille e più volti delle persone che si affrettavano sciamanti nelle operazioni di imbarco, mi chiesi seriamente se tra loro non potesse nascondersi un impenitente amorale, arrivista e seduttore, affascinante giocoliere dell’esistenza, proprio come il protagonista del libro scritto da Mordecai Richler. Quando senza non poco dispiacere chiusi il tomo e risposi a me stesso di sì, in un modo o nell’altro, le ammissioni apocrife di un miscredente ebreo, in continuo confronto con la propria etica e con la difesa della sua persona, erano state messe agli atti: si trattava della sua realtà, delle sue confessioni, il degno contrappasso per quelle di Sant’Agostino: era La versione di Barney.
Libri consigliati: La versione di Barney, di Mordecai Richler
Vittima inconsapevole e carnefice di sé, il mondo dell’anziano Barney Panofsky si nutre di espedienti. La storia, che nel libro di Mordecai Richler assume i tratti di una autobiografia presunta, invero mai confermata, procede sfruttando appieno le sferzanti linee descrittive della prima persona. Il nostro produttore televisivo dalla penna affilata e tagliente, dalle stanze di un ufficio di Montreal, dà seguito ad una arringa ontologica profonda per difendersi da una accusa di omicidio e da altri pesanti e incresciosi addebiti. Nel farlo, il nostro dissipato e scorretto cervello anarchico getta alle spalle diverse mogli, nelle edizioni Adelphi del 2005 importanti perché suddivisioni vere e proprie dei capitoli del testo, nonché spartiacque per le stagioni del Panofsky esteta.
Richler alterna lo Stupor mundi all’ironia profonda, vergando pagine di meravigliose ostilità ambientali, semantiche, financo surreali. Il fiume in piena conduce il protagonista attraverso le sue memorie bucate, come un groviera, dalla malattia di Alzheimer. Tuttavia dal marasma del tempo Panofsky si trae fuori con classe e dedizione, cercando di stabilire il confine della sua iniquità nei confronti dei familiari, reliquie lontane eppure ugualmente importanti, ma soprattutto nei riguardi dell’opprimente sistema morale e religioso che ha sempre accompagnato, anche nei ghetti più esasperati della vita, la Diaspora senza fine di un popolo ramingo.
Il flusso di incoscienza terminerà la sua corsa spericolata all’ombra lattiginosa di un sigaro Montecristo che farà da contraltare ad un tiepido bicchiere di Whisky. Lasciate andare le consuetudini nonché le categorie di spazio e tempo: questa è l’actio di Barney Panofsky, e la sua è una discolpa, tutto sommato convincente, in cui le dimensioni di base hanno definitivamente abbandonato la meccanica di Newton in favore della Fisica quantistica.
Mordecai Richler, La versione di Barney, Adelphi 2005, pp. 490
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