Brexit: il Regno Unito accelera sui nuovi trattati commerciali
La notizia è stata rilanciata da Bloomberg che a sua volta cita fonti d’informazione vicine al Gabinetto esecutivo del Primo Ministro britannico Theresa May. Dopo la consacrazione e l’ufficializzazione della Brexit, avvenute tramite il discorso perentorio di amicizia e indipendenza formale del 17 gennaio, il Regno Unito starebbe avviando alcuni programmi attuativi al fine di sancire dei trattati di commercio e scambio con Paesi non appartenenti alle zone di influenza dell’Unione europea. Niente di strano se non fosse che tali processi sarebbero già in fase avanzata e potrebbero dunque diventare operativi prima del completamento dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, prevista per Marzo, in ottemperanza all’articolo 50 del Trattato di Lisbona.
ECCO COSA SUCCEDE SE IL REGNO UNITO ESCE DALL’EUROPA
Brexit: i blocchi contrapposti
La svolta protezionista degli Stati Uniti di Donald Trump, il fiorente nazionalismo d’identità e cultura che l’Europa culla come una serpe in seno senza, ad oggi, una convincente forza di reazione, nonché l’amichevole quanto indipendente prossima concorrenza commerciale della rinnovata potenza inglese, preoccupano non poco gli ambienti comunitari di Bruxelles. Una operazione del genere succitato rischierebbe, infatti, di riversare nuove castagne bollenti all’interno della già logora e stracolma bisaccia dell’Unione europea.
Senza contare che il fronte dell’Est, con una Russia in rinnovata ascesa geopolitica grazie alla flebile resistenza delle sanzioni imposte dagli ormai 27 sul fronte ucraino, non sorride affatto alle sorti del progetto del Vecchio continente. Inoltre, il grande asse economico e liberale, quello franco-tedesco, rischia di deragliare sotto i colpi delle opposizioni interne alla prova delle imminenti elezioni politiche. Usa, Brexit e Russia da un lato, Ue dall’altro. Blocchi sempre più contrapposti che ricordano, seppure in una ottica rovesciata, come ha ben segnalato Sergio Fabbrini, gli schieramenti della Seconda guerra mondiale.
BREXIT: SARÁ DECISIVO IL PARLAMENTO
Brexit: tempi e modi per una Gran Bretagna globale
“Non vogliamo adottare un modello già adottato da altri paesi”. Theresa May è stata incisiva e inequivocabile nell’escludere qualsiasi forma di uscita morbida o di modello ibrido. Nessuna emulazione della struttura norvegese (fuori dalla Ue ma dentro il mercato comune), niente impianto di stampo svizzero (una forma di associazione al mercato comune) o esempio turco (fuori dal mercato ma dentro l’unione tariffaria doganale). “Non vogliamo mantenere dei pezzi di Ue, nel momento in cui la lasciamo”, ha ribadito il Primo Ministro britannico.
Date le premesse è facile dunque comprendere l’input decisionista d’oltremanica in favore di una Brexit totale foriera di una economia e di un commercio che tanto ricordano le imprese del Colonialismo di marca Vittoriana. Questa volta però non ci son più le tariffe costiere e la Compagnia delle Indie Orientali, ma i pilastri della contemporanea ricchezza globalizzata: accordi di scambio e mercato con alcune delle principali potenze mondiali, lontane dalle capitali europee: Australia, Cina, Nuova Zelanda e naturalmente Washington.
Secondo il direttore del Dipartimento di Economia politica del Think Thank londinese Legatum Institute, Shanker Singham, “Da un punto di vista strettamente legale vi è molto da poter raggiungere, in termini di commercio extra-europeo, per il Regno Unito, a prescindere dal completamento del processo di uscita dalla comunità”. “Ed è fatale”, ha aggiunto, “che tutto ciò non potrà che dar estremo fastidio ai vertici di Bruxelles”.
Contestualmente, la Corte suprema di Londra ha stabilito che il Parlamento sovrano dovrà, prima di avviare i meccanismi dell’articolo 50, esprimersi favorevolmente tramite il voto. Questo costringerà certamente Theresa May e tutto il governo a tenere ben saldi gli interessi economici con i delicati equilibri politici interni.