Che cosa sta succedendo alla Lombardia? La regione più ricca, più popolosa e più industrializzata d’Italia (e di molti Paesi dell’Europa) sembra sia diventata l’anticamera di San Vittore.
[ad]In uno Stato come il nostro,forse, è proprio questo che condanna la Lombardia. Una regione ricca fa gola a troppi e tra coloro che la governano,sempre più spesso, alcuni sembrano cedere alle lusinghe di colui che non fa distinzioni fra destra e sinistra, nord o sud: il denaro.
Dal principio fu il Vicepresidente del Consiglio Regionale Lombardo a fare scalpore. L’On. Penati,in quota PD, fu il primo a cadere sotto i colpi delle indagini che lo investirono in pieno: si disse che quando era sindaco di Vasto avesse ricevuto molte tangenti da imprenditori della zona per sbloccare licenze o affidare appalti. Dopo pochi giorni, spinto anche dal suo partito, si dimise.
Poi fu la volta dei due PDL Nicoli Cristiani e Ponzoni: il primo arrestato per una faccenda riguardante rifiuti e mazzette ricevute dall’imprenditore Pierluca Locatelli e poi anche per delle tangenti di circa mezzo milione di euro che furono versate da un altro imprenditore, Filippo Duzioni, demiurgo dei centri commerciali in Brianza. Lo stesso Duzioni pare sia molto vicino a Ponzoni il quale è stato accusato di reati contro il patrimonio (appropriazione indebita sfociata anche in ipotesi di bancarotta fraudolenta della sua società “Il pellicano”) , finanziamento illecito a esponenti politici e concussione. Poi fu la volta del leghista Davide Boni ,indagato per aver ricevuto varie tangenti da imprenditori, tra cui ottantamila euro dall’immobiliarista Zunino, quando ricopriva il ruolo di assessore regionale al territorio. Con parte di quei soldi, ipotizzano i pm, si finanziarono varie iniziative elettorali.
L’ultimo in ordine di tempo è il consigliere Giammario, vicepresidente della commissione ambiente della Regione Lombardia, il quale è accusato di aver incassato, come prima tranche, una tangente di diecimila euro per assegnare appalti per il verde pubblico.
Dopo questo bollettino, che sembra uscito dalla cronaca giudiziaria di Milano, appare necessaria una riflessione: su cinque componenti dell’ufficio di presidenza della regione Lombardia, quattro sono indagati e lo stesso Boni, all’incirca un mese prima di risultare,a sua volta, indagato,aveva chiesto che Ponzoni si dimettesse per permettere all’ufficio di presidenza di poter lavorare in modo più spedito.
Quando, ovviamente, le richieste di dimissioni piovvero su di lui, tutta la Lega Nord fece quadrato intorno al suo esponente. Lo stesso Bossi vietò a Boni di dimettersi. L’unico fuori dal coro, come ormai sempre più spesso accade, fu il sindaco di Verona Flavio Tosi, ormai dato in partenza quasi sicura dalla Lega. Una Lega sempre più lontana da quella del ’93 dove metteva al primo posto la difesa delle istituzioni dalla corruzione ed era addirittura tacciata di “forcaiolismo”
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[ad]Con nove consiglieri regionali la regione detiene il triste record, insieme a Puglia e Calabria, della regione con più inquisiti d’Italia.
E’ vero che chi è indagato non è condannato, né condannabile, perché nel nostro Paese ci sono tre gradi di giudizio prima di accertare la verità processuale, ma è anche vero che chi riveste cariche pubbliche, dal Consigliere comunale al Presidente del Consiglio dei Ministri, deve essere una persona di specchiata moralità ( frase non presa a caso visto che ,nei concorsi pubblici per la Presidenza del Consiglio, si richiede al candidato “una specchiata moralità”), ed è questo che molto spesso si dimentica in Italia.
A vent’anni da tangentopoli pare che poco sia cambiato nel nostro Paese; anzi la Corte dei Conti ha accertato che la corruzione all’Italia costa sessanta miliardi di euro all’anno (quanto il fatturato di tutte e quattro le mafie italiane messe insieme).
A soli tre anni dall’EXPO 2015, che vedrà Milano capitale del mondo, l’intera classe politica lombarda deve interrogarsi su quello che sta accadendo: continuare su questa via, attendendo giorno per giorno di sapere chi sarà il prossimo ad essere indagato, o cercare di portare un’etica politica in una regione che, oggettivamente, non può permettersi di avere zone grigie. Già il rifiuto ostinato, e ripetuto fino allo sfinimento, che nella regione la mafia non esiste ha permesso all’ ‘ndrangheta di continuare a radicarsi tranquillamente nel tessuto dell’imprenditoria lombarda drogandola a tal punto che non si sa se in ogni grosso appalto vi siano o meno infiltrazioni mafiose.
Un pizzico di colpa è anche nostra: non ci rendiamo conto che i c.d. reati da colletti bianchi provocano maggiori danni rispetto a quelli comuni e spesso nei telegiornali non capiamo perché i ricchi “distraggono” mentre i poveri “rubano”.
Basterebbe un codice etico,approvato da tutti gli schieramenti politici, che prevedesse che ogni eletto del partito, qualora fosse indagato, dovesse immediatamente dimettersi. Se poi l’accusa si risolvesse in un nulla di fatto dovrebbe essere reintegrato e coloro che hanno sbagliato pagare per il loro errore, altrimenti, in caso di condanna, si eviterebbero quegli odiosi casi che stiamo vedendo in questi giorni: può il presidente del consiglio lombardo stare tranquillamente al suo posto quando è stato indagato per corruzione?
Può il nostro Paese permettere che i reati contro la pubblica amministrazione siano puniti così poco? Perché negli scorsi anni si sono diminuite continuamente le pene?
Anche il ministro Severino si è accorto di tutto ciò e ha promesso che esaminerà la faccenda.
Intanto il cittadino italiano medio aspetta di sapere gli sviluppi, stanco di vedere che i suoi rappresentanti, non solo prendono stipendi da favola con privilegi assurdi, ma addirittura cercano di incrementare i loro guadagni facendosi corrompere provocando danni enormi a tutta la collettività.