Dopo oltre un mese di silenzio l’ex premier Matteo Renzi torna a parlare. E lo fa dal Palacongressi di Rimini, dove si è tenuta l’assemblea degli amministratori locali del Pd, fortemente voluta dallo stesso Renzi per compattare il partito dopo la batosta elettorale del 4 dicembre. Appena chiamato sul palco viene accolto da una standing ovation. Si alzano anche Roberto Speranza e Nico Stumpo. E il segretario dem non ha dubbi: bisogna “accellerare verso le urne” senza aspettare la scadenza naturale della legislatura.
Secondo l’ex premier il voto a scadenza naturale sarebbe un problema e potrebbe penalizzare fortemente il Pd. Per diverse ragioni. In primis per l’impossibilità di una legge di Stabilità espansiva vista la reticenza dell’Europa a concedere un margine di flessibilità, cosa che potrebbe favorire il movimento 5 stelle. In secondo luogo c’è la questione dei vitalizi: la formazione di Beppe Grillo potrebbe ottenere ulteriori consensi accusando i Dem di aspettare la fine della legislatura per ottenere così i vitalizi. Insomma, taglia corto l’ex premier: “la sfida è tra noi e Grillo”.
Ma poi frena – in parte – sulla sua candidatura: “non ho voglia di rivincita” dichiara. Infatti, scrive stamattina il Corriere della Sera, potrebbe “rinunciare a Palazzo Chigi anche in caso di vittoria”. “In questo caso mi ritaglierei il ruolo di king maker e per fare la campagna elettorale e le liste” è il virgolettato riportato stamani da Maria Teresa Meli. Per il ruolo di premier potrebbero correre altri big, come il ministro dei Trasporti Graziano Delrio oppure lo stesso premier Paolo Gentiloni. Che gli fa eco dal Protogallo, dichiarando che “sulla durata della legislatura discutono le forze politiche in Parlamento, non è certo il Governo a dover prendere decisioni”.
La strategia dell’ex premier per le prossime elezioni è chiara, “bisogna evitare il caos e arrivare al 40%” in modo da far scattare il premio di maggioranza che permetterebbe al Pd di controllare la Camera dei deputati. “Una volta ci siamo arrivati ed è stata una grande vittoria, ed erano le europee. Un’altra volta è stata una grande sconfitta, quella del referendum. Ma siamo abituati ad arrivare al 40%”.
Matteo Renzi e la minoranza PD
La polemica, nemmeno tanto implicita, è verso la minoranza democratica. In sala c’erano anche gli esponenti della sinistra del partito, Nico Stumpo e in particolare Roberto Speranza, appena arrivato da Roma, dove ha presenziato all’iniziativa di Massimo D’Alema. L’’ex segretario Ds ha radunato i Comitati per il No in via dei Frentani, storica sede del Pci, inaugurando ConSenso, una creatura politica ibrida. E ha lanciato una raccolta fondi e adesioni “in vista di altre evenienze”: la minaccia, nemmeno troppo velata è quella di una scissione. “Senza congresso Pd, al voto liberi tutti” ha dichiarato senza mezzi termini D’Alema.
Il braccio di ferro è sopratutto sui capilista bloccati previsti dalla legge elettorale. Quanti seggi potrebbero andare alla minoranza? Ieri al palacongressi circolava una cifra: dieci. Se si andasse a elezioni anticipate non sarebbe Matteo Renzi a staccare la spina: Sarà il Pd di comune accordo con Gentiloni a decidere che la legislatura è giunta al termine.
Matteo Renzi delinea poi il programma per la prossima campagna elettorale: “lotta all’evasione,braccio di ferro con l’Europa, lavoro e non reddito di cittadinanza”. E la stoccata stavolta è contro i 5 stelle. Il principale avversario politico del Pd, secondo il segretario, per le prossime elezioni. Oltre alla minoranza del partito.
Giacomo Pellini