Il ritorno di Matteo Renzi: “sì al Congresso, potrei non tornare a Palazzo Chigi”
“Io ho avuto la possibilità di tirare un calcio di rigore il 4 dicembre. Me l’hanno parato… Anzi l’ho tirato male, malissimo. E adesso è cominciata una fase politica diversa”. Matteo Renzi è uscito dal letargo che aveva contraddistinto questi primi due mesi dopo la sconfitta referendaria e le conseguenti dimissioni da Palazzo Chigi. In due interviste, una al Tg 1 (il telegiornale più visto dagli italiani) e una al Corriere della Sera (il giornale più letto), l’ex premier ci tiene a chiarire alcuni aspetti del suo nuovo progetto politico. Nelle ultime settimane, infatti, i retroscena usciti sui giornali lo hanno raffigurato come un leader abbattuto dopo il 4 dicembre e soprattutto confuso sul futuro politico del PD, e quindi della nazione. E invece Renzi torna alla ribalta con due o tre dichiarazioni che potrebbero aprire la strada ad un orizzonte politico più chiaro.
La prima riguarda il Congresso del PD. Negli ultimi giorni Bersani e D’Alema hanno fatto balenare che in caso di elezioni a giugno, evitando così il Congresso anticipato, si assisterebbe ad un “liberi tutti” e quindi a una scissione sicura. I due leader della minoranza dem infatti non vogliono rischiare di andare ad elezioni con il segretario che avrebbe in mano le candidature, visto che la legge elettorale uscita dalla Consulta ha lasciato intatti i capilista bloccati dell’Italicum. Anche ieri sera a Piazza Pulita l’ex segretario Bersani ha ribadito il suo pensiero: “Il PD si levi dalla testa che possiamo andare alle elezioni senza una discussione prima”. Dall’altra parte anche i pugliesi Michele Emiliano e Francesco Boccia si sono mossi in questa direzione patrocinando una raccolta firme – “Prima il Congresso” – come previsto dall’articolo 27 dello Statuto PD.
Adesso, dopo un primo niet, arriva l’apertura del segretario: “C’è stato chi ha chiesto di fare le primarie, il congresso, il referendum tra gli iscritti. Va bene tutto – ha detto Renzi al Tg 1–. Però chi perde il giorno dopo rispetti chi ha vinto altrimenti è l’anarchia”. E la scissione è possibile? “Penso proprio di no, non la capirebbe nessuno” è il pensiero dell’ex premier. Seguendo il normale iter congressuale la conta interna al partito dovrebbe tenersi a dicembre, ipotesi sul tavolo in caso di elezioni a fine legislatura. Se invece si andasse a votare a giugno, allora cambierebbe tutto. E in quel caso niente Congresso e la scissione sarebbe davvero possibile.
Matteo Renzi al Corriere: “a Palazzo Chigi potrebbero andare Delrio o Gentiloni”
La seconda uscita di Renzi che potrebbe sorprendere qualcuno è quella sul prossimo inquilino di Palazzo Chigi. Non è la prima volta che il segretario dem pensa a nomi diversi dal suo per la poltrona da capo del governo nei prossimi mesi (o anni). Eppure stavolta lo dice chiaro e tondo: “La prossima volta potrei non essere io. Magari potrebbe toccare ancora a Paolo Gentiloni, o a Graziano Delrio” dice Matteo Renzi al Corriere. E perché? “Lo scenario della prossima legislatura imporrà probabilmente governi di coalizione. Il clima politico è cambiato nel paese. So bene che se anche ottenessi un grande risultato, un 37 per cento dei voti, o addirittura un 42 per cento, non esisterebbero più le condizioni per avere un governo libero di fare le cose che ho in mente”. Come dire: la vocazione maggioritaria del PD è stata pesantemente ridimensionata dal voto del 4 dicembre e l’ex Sindaco di Firenze non vuole “logorarsi” una seconda volta con un governo di larga coalizione che potrebbe diventare molto impopolare, considerando la manovra lacrime e sangue da scrivere per il 2018.
Infine, il vero dubbio rimane sulla data delle elezioni. Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos per Di Martedì quasi 6 italiani su 10 vorrebbero andare alle urne il prima possibile. Ma una parte del Parlamento (e del governo) frena sul voto a giugno e vorrebbe arrivare alla conclusione della legislatura.
Mercoledì l’ex premier è stato anche bacchettato da Giorgio Napolitano con cui ha sempre avuto rapporti idilliaci: “nei paesi civili si arriva a fine legislatura” ha affermato l’ex Capo dello Stato. Matteo Renzi, si sa, vorrebbe andare alle urne alla prima data utile perché sa che un anno di governo Gentiloni potrebbe solo fare il gioco dei “populisti” Grillo e Salvini. Però, dall’altra parte, uccidere sul nascere il secondo governo di fila – Letta e poi Gentiloni – potrebbe essere una mossa suicida: “Siamo pronti anche ad andare avanti, se si ritiene che serva – ha sottolineato Renzi –. Con Gentiloni il rapporto è tale che ci diciamo tutto. E capisco che l’obiezione di presentarsi al G7 di fine maggio con un governo dimissionario non offrirebbe una bella immagine dell’Italia. Ma in Europa andrà comunque un governo dimissionario dopo qualche mese, con la manovra finanziaria alle porte. Quindi…”. Il voto a giugno rimane ancora la sua priorità.