Uno degli obiettivi del governo Monti era quello di dar vita ad una fase di decantazione istituzionale capace di far rinascere la fiducia dei cittadini nei confronti dei partiti e della propria classe politica.
Da qui un invito al Parlamento ad intervenire su una modifica dell’assetto bicamerale del paese e su una marcata riduzione dei cosiddetti “costi della politica”.
[ad]I politici non avrebbero governato per qualche mese (nonostante la proposta montiana di nominare un vicepremier per polo all’interno dell’esecutivo) e ciò avrebbe spinto la popolazione a non additare a loro e solo a loro la colpa di gran parte dei problemi del paese.
C’è da dire però, nonostante i vertici di maggioranza a Palazzo Chigi e le belle foto su Twitter, la politica da un certo punto di vista non sta cogliendo per nulla l’opportunità che si sta delineando in questi mesi. E molti scandali di “malapolitica” riaffiorano su e giù per lo stivale.
Lo scandalo che si sta portando avanti da più tempo è quello legato al Consiglio Regionale della Lombardia. Una consigliatura già iniziata con l’ombra delle firme false per far accettare il listino bloccato del presidente Roberto Formigoni.
Una trama che in certi frangenti sembra aver riguardato anche qualche trama della “cricca” della P3. Per non parlare poi della qualità stessa del Consiglio Regionale e del listino formigoniano, molto spesso criticato per la presenza di Nicole Minetti.
La situazione ha continuato a peggiorare con l’iscrizione nel registro degli indagati di quasi tutti i membri del consiglio di presidenza. Il primis l’iscrizione del presidente Davide Boni della Lega Nord.
E’ come se tanti birilli fossero coinvolti in attività illecite. E la caduta pare inarrestabile.
E l’elemento più preoccupante non è però l’alto numero di persone coinvolte nello spirito bipartisan di queste iniziative. Bensì il fatto che quasi tutti gli indagati, Boni in primis, sembrano aver commesso degli atti illeciti legati allo spinoso tema dell’edilizia pubblica e privata. Come se effettivamente l’ombra dei fantasmi del passato fosse ritornata nel capoluogo meneghino.
Se invece scendiamo nel profondo sud, a Bari, notiamo un caso che rischia di compromettere la credibilità e le legittime aspirazioni politiche del sindaco Michele Emiliano. Già la Puglia, il caso Frisullo e quello Tedesco lo testimoniano, è stata al centro del ciclone. Ma ora la vicenda sembra allargarsi dal palazzo della Regione a come minimo quello del comune di Bari.
La vicenda di Luigi Lusi invece è un po’ più complessa e racchiude nella sua enigmaticità una questione prettamente nazionale: secondo la legge le forze politiche che si presentano alle elezioni, ed ottengono una rappresentanza parlamentare, hanno diritto ai rimborsi elettorali.
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[ad]Questo ha portato a situazioni anomale come quella della Margherita: scioltasi nel 2007, alle elezioni politiche del 2006 si presentò al Senato col proprio simbolo così come i Democratici di Sinistra. Ciò ha consentito al partito che fu presieduto da Francesco Rutelli di ricevere finanziamenti fino allo scadere naturale della quindicesima legislatura. O anzi, ancor di più: fino al 31 dicembre 2011 sono giunti i finanziamenti.
In questo elemento di contraddizione e forse anche di ingiustizia sta la degenerazione del caso Lusi, rafforzata da una gestione forse volutamente non trasparente della tesoreria.
Alla base, un partito che prende soldi pur non esistendo. Così come Forza Italia, An e i Ds.
In questa situazione la volontà può anche esserci. Ma per la politica risalire la china dell’eccesso di impopolarità sarà sempre più difficile.