Termometro Finanziario: per i mercati la crisi è finita. Per gli altri un po’ no

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Termometro Finanziario: per i mercati la crisi è finita. Per gli altri un po’ no

 

Continua il rally sulle principali borse mondiali, alcune delle quali hanno ritrovato traguardi, per così dire, psicologici ormai perduti da tempo. Così, mentre l’indice principale tedesco DAX si è riportato sopra quota 7000 (persa durante la tempesta dell’estate scorsa), quello americano S&P500 ha superato i livelli precedenti il crac di Lehman Brothers, nel settembre 2008, ponendo fine, almeno in borsa, alla crisi che attanaglia il mondo occidentale da tale epoca.

[ad]In realtà le cose stanno diversamente, e la crisi è ancora ben lontana dall’essere risolta. Ciò che i mercati stanno scontando, aiutati dalle enormi quantità di denaro fresco rilasciato dalle banche centrali mondiali, è la speranza che tale denaro possa aver comprato tempo a sufficienza da permettere ai governi di porre in essere riforme in grado di far ripartire l’economia in modo non distorto (quindi evitando ricorsi ad esagerata leva finanziaria – cioè debito fuori controllo, sia pubblico che privato, come lo furono i subprime – ed altre scorciatoie ed inefficienze), in altre parole si spera che, se almeno non arriva la ripresa, almeno vi sarà stabilità.

Non va però dimenticato che i livelli occupazionali pre-crisi sono ancora ben lontani dall’essere ritrovati, ed appare un po’ sfrontato, da parte di qualcuno, affermare che la crisi è ormai alle spalle, quando siamo ancora pieni di legioni di disoccupati da sistemare, specie fra i giovani. In Italia, ad esempio, il governo sta cercando di riavviare un sistema del lavoro che offre troppa protezione insufficiente per alcuni, e nessuna per altri, e che rende, al contempo, assai oneroso per lea ziende assumere nuovi dipendenti.

Altri punti caldi, nei prossimi mesi, sono poi il Portogallo, ben avviato a finire in Grecia, lo stallo preelettorale americano, il rallentamento (se così si può chiamare) cinese, le tensioni mediorientali, con il governo israeliano ben impostato all’intervento militare contro l’Iran, anche senza placet americano, con il rischio di far esplodere il prezzo del petrolio e soffocare la ripresa, ammesso che ce ne sia una in atto. Molta dunque la carne al fuoco che rischia di bruciare.

Settimana entrante piuttosto tranquilla sul fronte macroeconomico. In Europa lunedì sarà interessante valutare il dato sul fatturato e gli ordini all’industria in Italia, utile per valutare lo stato della sua non pimpante economia, mentre giovedì per Francia, Germania ed Eurozona nel complesso verrà rilasciata la stima flash del PMI, l’indice dei direttori degli acquisti, utile per inferire informazioni circa l’andamento dell’economia nel prossimo futuro, che, stando agli ultimi sondaggi, non dovrebbe brillare ancora per qualche mese. Sempre giovedì verranno inoltre rese note le statistiche sulla fiducia dei consumatori nell’Eurozona, come pure gli ordini all’industria nell’area euro. Venerdì, infine, occhi puntati sulle vendite al dettaglio in Italia, al fine di poter valutare l’impatto delle strette fiscali sui consumi degli italiani.

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[ad]Passando agli USA, si tratterà di una settimana all’insegna del mercato immobiliare, per l’ormai ben noto “ripple effect” (ovvero il fatto che l’acquisto di una casa comporta la necessità di acquistare elettrodomestici, mobilio ed altri oggetti; si tratta, in altre parole, di un acquisto fondamentale, che permette di valutare la fiducia che il consumatore ha nel futuro): lunedì l’indice NAHB darà una misura della situazione del mercato immobiliare americano, mentre martedì conosceremo quanti nuovi cantieri e permessi edilizi sono stati concessi nell’ultimo mese (previsti stabili, sui livelli di gennaio). Mercoledì toccherà al dato sulle vendite di case esistenti (gli analisti si attendono un dato moderatamente in rialzo), infine venerdì toccherà alle vendite di case nuove, previste anch’esse lievemente in rialzo.

Giovedì, come di consueto, conosceremo quanti nuovi sussidi di disoccupazione sono stati richiesti nell’ultima settimana negli USA: per gli analisti il dato dovrebbe attestarsi sui 352mila, in linea con quello della settimana appena trascorsa.