Davigo (ANM): in Italia più corruzione 25 anni fa. Ma è davvero così?
“L’Italia è più corrotta di 25 anni fa. E’ un paese che sta morendo”. Ad affidare queste parole non proprio ottimistiche sul futuro del nostro paese non è un passante che 25 anni fa aveva vissuto il fermento di Mani Pulite. No, questa frase agghiacciante è di Pier Camillo Davigo, che di quell’esperienza fu uno dei protagonisti. Oggi Davigo – nel 1992 pubblico ministero a Milano nel pool formato da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Gerardo D’Ambrosio e Francesco Greco – è Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e da anni porta avanti battaglie sulla legalità e sull’indipendenza della magistratura spesso in aperto contrasto con il governo (da ultimo la legge sul pensionamento dei vertici della magistratura definita norma ad Canzio).
In occasione del 25° anniversario dall’arresto di Mario Chiesa che scoperchiò il vaso di Pandora del sistema corruttivo milanese (e non solo), Davigo torna a parlare in chiave presente e futura ad un forum organizzato dal Corriere della Sera. “Negli ultimi 15 anni – dice il Presidente dell’ANM – l’attività principale della politica in questo paese non è stata quella di contrastare la corruzione, ma quella di contrastare le indagini e i processi sulla corruzione attraverso una impressionante sequenza di leggi approvate”.
La dichiarazione di Davigo ha un suo fondamento. Basti pensare al numero di condanne penali per reati di corruzione e concussione in Italia negli ultimi 20 anni riportato nel libro “La corruzione in Italia” di Alberto Vannucci. Dalle 1716 condanne nel 1996, la quota è crollata drasticamente a 540 nel 2001 fino alle 263 nel 2010. Difficile pensare che tutto d’un tratto, a cavallo del secolo, gli italiani abbiano perso del tutto l’istinto delinquenziale nell’intascare mazzette.
Corruzione, un fenomeno illegale difficile da stimare
La corruzione nel nostro paese è certamente un cancro difficile da estirpare. Dall’altra parte il dibattito sul costo della corruzione in Italia non è così univoco. Molti, infatti, non credono alla stima della Corte dei Conti (2012) secondo cui la corruzione nel Belpaese pesa per 60 miliardi, pari più o meno a tre manovre finanziarie. A questo valore credono davvero in pochi e nell’agosto 2016 il Sole 24 Ore ha fatto un po’ di debunking sulla stima tornando alla fonte originaria. La Banca Mondiale nel 2004 aveva stimato che le tangenti nel mondo valessero circa mille miliardi di dollari, ovvero il 3-4% del PIL mondiale. Da qui, la proporzione con cui si arrivava ai 60 miliardi. Con un errore metodologico evidente: la corruzione varia molto da paese a paese.
Anche il Presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), Raffaele Cantone, a settembre ha definito quella dei 60 miliardi una “bufala clamorosa, una leggenda metropolitana”. Appare quindi difficile individuare il costo effettivo della corruzione – come dell’evasione fiscale – perché, in quanto fenomeno illegale, è molto difficile da stimare. Nulla vieta però che la corruzione possa valere addirittura più di 60 miliardi. Detto ciò, stabilito che quantificare questo fenomeno è di per sé molto difficile, appare ancora più azzardato fare paragoni – sempre in termini quantitativi – con il passato.
Secondo la classifica annuale di Transparency International, su 176 paesi l’Italia si posiziona al 60° posto, dietro Brunei, Botswana e Costa Rica. Il dato è preoccupante perché il Belpaese rimane ampiamente sotto la sufficienza nell’indice di corruzione percepita ma va sottolineata la ripresa degli ultimi 4 anni: dal 2012 abbiamo recuperato ben 12 posizioni.