Economia Italia: il treno della produttività e il mito della crescita
Le ultime previsioni della Commissione europea confermano la lenta quanto stabile ripresa dell’esoscheletro economico del Vecchio continente. Tutta la geografia comunitaria dovrebbe dunque poter beneficiare di un biennio di crescita del proprio Prodotto interno lordo (PIL), pari all’1,6% per l’anno 2017 ed all’1,8% per il 2018.
In questo affresco anche l’Italia si inserisce, quale tassello limitaneo, all’interno di tale andamento prociclico. Ciò nonostante, il nostro Paese latiterà nei bassifondi di questa lieta classifica, (soltanto uno 0,9% per entrambe le annate), faticando probabilmente ancora un po’ prima d’abbandonare definitivamente la convalescenza dovuta alla recente recessione globale.
Economia Italia: in buona salute, almeno fino al 2030
PwC, una delle società più rinomate per la fornitura di servizi professionali al mondo, ha redatto uno studio concernente la forza delle principali economie mondiali, analizzata in una scala temporale abbastanza ampia, abbandonando l’impostazione classica della crescita quale discriminante.
La buona notizia è che l’Italia occupa ancora un resiliente livello dominante, nonostante le diverse posizioni perdute in questi anni, fra le economie considerate più forti per settore e commercio, almeno fino al 2030. Con l’allungarsi delle serie storiche sino ai confini del 2050, la curva di previsione tende invece decisamente verso il basso. Questo cartiglio fa del nostro sistema economico un vascello che naviga a vista, con un preciso orizzonte di margine.
Lo spartiacque fondamentale dell’analisi condotta dagli esperti di PwC ha il valore di un indicatore macroeconomico dinamico: il PIL globale a parità di potere d’acquisto (PPP). Questa variabile misura il tenore di vita e la salute intrinseca di un sistema, in un dato intervallo di tempo, palesandone la produttività economica, non la semplice crescita dei beni e lo sviluppo dei servizi. Le stime dei valori sono state naturalmente espresse in dollari, valuta di riferimento, ed offrono una panoramica più dettagliata e precisa, a paragone delle semplici stime sul Pil, delle dinamiche endogene di sviluppo.
Economia Italia: discrimine fondamentale, la produttività
Un sistema può implementare 100, ma rendere 50. In Italia, così come in Europa, il Pil sembra essere tornato all’interno della via maestra delle percentuali positive. Eppure non tutte le economie di Eurolandia forniscono un guadagno netto effettivo uguale alla quantità di merci creata. La produttività misura, infatti, l’efficacia del prodotto a potere d’acquisto constante.
Se la domanda interna, dunque l’inflazione, non tornerà a trainare i consumi, potremmo anche dover rimanere al palo della “ripresa anemica” ancora per molto. Affinché ciò non avvenga, fondamentale sarà una equilibrata politica economica di gestione delle entrate e delle uscite. Facile a dirsi, meno a farsi.
A seguito della contestata richiesta di Bruxelles inerente la correzione del deficit strutturale di bilancio per un totale di 3,4 miliardi di euro, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha rilasciato gli ultimi dati chiave per la lettura dei conti pubblici.
L’Italia ha risparmiato, nel 2016, 19 miliardi di euro grazie alla lotta all’evasione fiscale. Di questi, 4,1 sono arrivati dalla non nuova prassi della Voluntary Disclosure. Inoltre, grazie alle politiche monetarie straordinarie condotte dalla Banca centrale europea, Quantitative Easing su tutte, altri 17 miliardi di risparmi sono arrivati dal fronte della spesa per interessi sul montante del Debito pubblico.
Quest’ultimo rimane per l’Italia, unitamente all’alto tasso di disoccupazione, alla tassazione non certo parca sulle imprese, alla corruzione ed alla fragilità del nostro sistema per la gestione del credito, il peggiore nemico della produttività di medio, così come di lungo termine.
Riccardo Piazza