Unione Europea: il posto dell’Italia nell’Europa a due velocità
Da quando qualche settimana fa la Cancelliera tedesca Angela Merkel si è permessa di ricordare la possibilità, non esclusa dai trattati, di un futuro europeo a due velocità, giornali e commentatori italiani si sono sbizzarriti in ipotesi e annose questioni sul tema. L’Italia sarà nel club della serie A oppure no? La Germania ha intenzione di rimettere in piedi un “area Marco” con i suoi satelliti ed emarginare i paesi mediterranei?
Niente di tutto questo, per adesso.
Unione Europea: il posto dell’Italia nell’Europa a due velocità
In realtà l’ipotesi di una doppia velocità nell’integrazione europea è una vecchia proposta che si consolida con la nascita del problema Regno Unito all’indomani del gran risultato dello Ukip alle ultime elezioni europee.
Quelli che erano i timori, poi rivelatisi fondati, della Brexit avevano già messo in allarme le istituzioni europee.
Oggi la questione è più che mai attuale, basta guardare alla recrudescenza nazionalista nei paesi dell’est.
Per scongiurare altre destabilizzanti marce indietro, l’Unione dovrebbe procedere ad un’integrazione politica maggiore per quanto riguarda i paesi centrali e in particolare quelli dell’Eurozona, lasciando da parte chi manifesta sempre più fastidi nei confronti di ipotesi federaliste e chi ne è, in fondo, sempre voluto rimanere estraneo. Un messaggio per calmare le spinte indipendentiste, comunicando un cambio di passo europeo che di rimbalzo tranquillizzi i ritrovati popoli d’Europa.
In altre parole, l’integrazione va avanti per chi ci sta. La ripartizione dei migranti, un abbozzo di governance economica, e una collaborazione più organica in materia d’intelligence e difesa, dovrebbero essere gli ambiti che caratterizzeranno questo ipotetico cambio di passo.
Ipotesi dunque per nulla sgradite all’Italia, che non ha infatti mai nascosto di essere favorevole alla doppia velocità come ci ricordano le dichiarazioni recenti e non di Romano Prodi ed Enrico Letta.
Quello che ha sorpreso – fino ad un certo punto – è il fatto che sia stata proprio la Germania a rilanciare la proposta, denotando implicitamente la fine della strategia dell’allargamento comunitario ai PECO (Paesi dell’Europa Centrale e Orientale) , che ciononostante rimarranno ancora i serbatoi della deflazione competitiva tedesca.
Luca Scaglione