Fini indagato, dal successo alla fine di AN. Il crepuscolo di una tradizione politica
Inizi anni ’90, Tangentopoli. I partiti della Prima Repubblica sono tutti, chi più chi meno, coinvolti nello scandalo delle tangenti. Gli unici immuni? Il Partito Comunista Italiano e il Movimento Sociale Italiano, i due partiti rimasti, per più di 40 anni, ai margini istituzionali come protagonisti della conventio ad exludendum, che li voleva fuori dalle dinamiche governative, vista la loro dubbia sistematicità.
Fini indagato, dal successo alla fine di AN. Il crepuscolo di una tradizione politica
Da quelle vicende, il MSI ne uscì rafforzato, riscuotendo un ottimo successo durante le elezioni amministrative del 1993. Questo spronò l’allora segretario, Gianfranco Fini, a fondare un nuovo partito, Alleanza Nazionale. Quando cambia il vento, è necessario che le forze politiche si rigenerino, andando ad adeguarsi alle nuove tendenze storiche che la società inizia a fare proprie.
Il Movimento Sociale Italiano doveva svecchiarsi e doveva abbandonare, almeno da un punto di vista formale, quei retaggi culturali fascisti che, sostanzialmente, erano rimasti aggrappati alla propria tradizione.
Questo permise ad Alleanza Nazionale, nata inizialmente come formazione elettorale costituita da una lista principale, il Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (il MSI si chiamava così dal 1972, dopo la confluenza del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica), e da svariati esponenti indipendenti, di correre alle elezioni politiche del 1994 coalizzata, nelle regioni del sud Italia, con la nascente Forza Italia, nel Polo del Buon Governo. Silvio Berlusconi vinse le elezioni e, con lui, Lega Nord, alleata di FI nelle regioni settentrionali, e AN.
Quest’ultima raggiunse lo storico 13,47% (nella parte proporzionale) alla Camera dei Deputati, per un totale di 31 scranni, e, soprattutto, entrò a far parte del Governo Berlusconi I. Le elezioni del 1994 rappresentarono, dunque, il trampolino di lancio di Alleanza Nazionale e il formale esaurimento della conventio ad exludendum che aveva riguardato il MSI nel corso della Prima Repubblica.
Nonostante la fine del governo Berlusconi a soli 8 mesi dalla sua formazione, e l’uscita di AN dal governo, a gennaio 1995 Fini ribadisce la “sistematicità” della nuova destra italiana e fonda il partito Alleanza Nazionale, di cui diviene primo presidente. “Oggi finisce in Italia il lunghissimo dopoguerra” commentava Fini durante il primo Congresso di AN, passato alla memoria come “svolta di Fiuggi”, a sottolineare la svolta “governista” del partito, già consacrata, di fatto, con le politiche del ’94, e la conseguente apertura ad istanze moderate e liberali.
Il resto della vita di Alleanza Nazionale è storia nota. Ad ogni elezione, l’allontanamento dalle istanze più “reazionarie”, ed il progressivo avvicinamento ad istanze moderate, si è fatto sempre più massiccio. E questo, se da una parte ha rappresentato il passo che ha permesso l’iniziale affermazione di Alleanza Nazionale nell’arena politico – elettorale, dall’altra ha scavato la sua fossa.
Negli anni, infatti, vari esponenti hanno abbandonato AN e fondato nuovi partiti. La storia di Alleanza Nazionale si conclude con la fondazione del Popolo della libertà, nato dalla fusione del partito di Fini e di Forza Italia. Poco prima della nascita del Pdl, Francesco Storace fondava La Destra.
La tipica fuoriuscita “di protesta” da un partito divenuto ormai, a detta di molti esponenti politici di destra, troppo moderato, quasi centrista. Dopo la caduta del Governo Berlusconi nel 2011 e la nascita del Governo tecnico di Mario Monti, il Pdl assiste ad un progressivo prosciugamento di parlamentari, la maggior parte dei quali ex AN.
Questi si riorganizzano, creando Fratelli d’Italia, che riesce ad aggiudicarsi 9 deputati (zero senatori) alle politiche del 2013. Oggi, il Presidente nazionale di Fd’I, Giorgia Meloni, è uno degli esponenti intenti ad aggiudicarsi Palazzo Chigi nella prossima tornata elettorale, che si terrà, al massimo, nella primavera del 2018.
Alleanza Nazionale, come espressione non come entità politica, torna alla ribalta ieri, quando il suo leader per eccellenza, Gianfranco Fini, viene iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di riciclaggio, nell’ambito dell’inchiesta che l’anno passato ha portato all’arresto di Francesco Corallo, Rudolf Theodoor, Anna Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani e Amedeo Laboccetta (poi scarcerato dal riesame), sospettati di essere capi o partecipi di una associazione a delinquere a carattere transnazionale finalizzata ai reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Nonostante un avviso di garanzia sia cosa ben diversa da una condanna, il parallelismo tra la posizione del MSI durante Tangentopoli e AN negli anni della post-verità genera degli spunti di riflessione o, comunque, un immediato collegamento mentale.
Ad ognuno la propria interpretazione. Resta il fatto che, come hanno detto in molti, la vicenda di Fini indagato è arrivata proprio nel momento in cui “le sirene del nazionalismo tornano a suonare”, come afferma Fabio Martini su La Stampa. Ma le “sirene del nazionalismo” che stanno suonando non riguardano i “vecchi partiti di destra”, di cui anche Alleanza Nazionale era parte. Basta guardare Fratelli d’Italia e, soprattutto, il comportamento della Meloni in tempi di campagna elettorale.
L’aria che tira in Europa è l’aria del populismo. I partiti che sembrano avere maggior seguito sono quelli populisti e, tra questi, i partiti populisti di destra. In quest’ultimi, l’aggettivo “populista” non è una mera coloritura. È l’essenza. È “destra” a diventare specificazione del macrocosmo, a divenire declinazione necessaria di un qualcosa non ancora definito dal dibattito accademico, ma decisamente realtà imperante in tutto il mondo occidentale.