Notizie dal mondo: il Medioriente spiegato con 3 fatti
La repressione delle organizzazioni non governative in Egitto, l’evoluzione della diplomazia per raggiungere un accordo sulla Siria e i profondi contrasti settari e politici in Iraq, le tre notizie della settimana in Medio Oriente.
Notizie dal mondo: Egitto, la stretta sulle ONG è già realtà
La nuova legge sulle Organizzazioni non Governative in Egitto erode la capacità di associazionismo della società civile. La stessa società civile che occupava Piazza Tahrir durante la primavera araba, portavoce della richiesta di cambiamento. Il Parlamento del Cairo ha varato lo scorso novembre un ordinamento che pone serie restrizioni alle ONG operanti nel paese. La legge, in attesa dell’approvazione del Presidente Al-Sisi, limita la libertà di movimento intellettuale e operativo delle associazioni. Stando al corpo del decreto, le ONG dovranno iscriversi al Ministero degli affari sociali e specificare l’ambito di lavoro, i nomi dei volontari e le persone accolte.
Sotto la bandiera della sicurezza nazionale, il Governo mira a legalizzare una pratica che nei fatti è già routine. La scorsa settimana, i militari hanno infatti impedito ai volontari del El Nadeem Center, ONG che aiuta le vittime di tortura e violenza, di aprire le porte della sede. “Si tratta di un attacco del Governo contro la società civile egiziana”, le parole della direttrice del centro, Suzan Fayad, intervistata da Al Jazeera. Anche Joe Stork, Direttore del MENA division at HCR, si è espresso contro l’azione, giudicandola “un messaggio chiaro di Al-Sisi per non affrontare la questione tortura e un invito neanche troppo sottile al silenzio”.
Dal 2014, anno del colpo di Stato che ha portato Al-Sisi al potere, l’atteggiamento del nuovo Governo militare è stato particolarmente aspro nei confronti dell’associazionismo su suolo egiziano. Human Right Watch e Amnesty International hanno denunciato a più riprese gli arresti sommari e il tentativo del Governo di stroncare, tramite una legislazione apposita, la capacità delle persone di riunirsi. Ma il lavoro dell’esecutivo non si è fermato alle Organizzazioni non Governative, anche gli attivisti hanno progressivamente perso la loro capacità di azione. Nel settembre del 2016 una corte egiziana ha approvato il congelamento dei beni di cinque volontari egiziani per i diritti umani.
L’Egitto rimane un paese instabile, soprattutto per la guerra sotterranea che si sta svolgendo tra gruppi di pressione estremamente eterogenei. Il tentativo di Al-Sisi di limitare la capacità di associazionismo e aggregazione sembra voler segnare la fine dell’esperienza rivoluzionaria, aprendo ad una nuova, ma in realtà vecchia, fase in cui si palesa un sistema piramidale con al vertice la figura dell’uomo forte.
Notizie dal mondo: Siria, l’accordo per la pace viene dall’alto
L’operazione accordo sulla Siria continua. L’asse Ankara-Mosca-Teheran cambia strategia e decide di includere altri attori internazionali al tavolo delle trattative. I tre paesi sponsor dei colloqui di Astana, dopo gli insuccessi iniziali nel dialogo tra Governo di Assad e ribelli, hanno ampliato la platea di voci, includendo Stati Uniti, Arabia Saudita e paesi del Golfo. L’operazione è stata portata avanti tramite un lavoro di incontri diplomatici riservati avvenuti nei giorni scorsi. Erdogan è volato in Qatar, Bahrein e Arabia Saudita. Dopo aver messo da parte i contrasti sulla questione “fratelli musulmani e Egitto”, il Presidente turco ha cercato di smussare la posizione del gigante medio orientale sulla Siria.
Trovare un compromesso con Ryad e i paesi del Golfo aprirebbe un nuovo capitolo nella delicata faccenda siriana. “Le posizioni di Turchia e Arabia Saudita sulla Siria sono identiche”, così il Ministro degli esteri di Ryad, rilasciando una rara informazione alla stampa. Nell’incontro in Bahrein è invece fuoriuscita l’intenzione del Presidente turco di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria, in linea con chi crede che la soluzione al conflitto civile preveda uno smembramento del paese.
Il vertice tra Stati Uniti e Russia è invece avvenuto a Bonn, a margine del G20. Il Ministro degli esteri Lavrov ha incontrato il nuovo Segretario di Stato Tillerson. L’incontro è stato il primo ponte tra i due paesi dopo i lunghi contrasti con l’amministrazione Obama. E’ presto per capire la direzione dei colloqui, ma Lavrov, durante la conferenza stampa, è sembrato convinto del dialogo, “laddove i nostri interessi coincidono, e questo accade spesso, dobbiamo procedere”.
Indicativo anche il viaggio di Rohani nei paesi del Golfo. Il Presidente iraniano è volato in Oman e Kuwait per incontrare rispettivamente il sultano, Qaboos bin Said al Said, e l’emiro, Sheikh Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah. Al centro dei colloqui, oltre alle tensioni in Bahrein, le questioni Yemen e Siria. Dopo aver fatto da apripista per l’accordo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran, l’Oman potrebbe divenire ancora più paese chiave per riuscire a coniugare gli interessi opposti tra Ryad e Teheran. I risultati di questo lavoro diplomatico sono sospesi. La prova dei risultati verrà fornita dai tavoli di pace di Ginevra e Astana.
Notizie dal mondo: Iraq, da crisi esterna a crisi interna
Continua la tensione in Iraq. A Baghdad i sostenitori di Muqtada al Sadr, un influente politico religioso e signore della guerra sciita, si sono scontrati con la polizia. Le proteste, avvenute sabato 11 febbraio, hanno dato vita a veri e propri combattimenti nella capitale irachena. Secondo Iraqi news, sarebbero 5 i morti, un militare e quattro manifestanti, e oltre 320 i feriti.
I sadristi sono scesi in strada per protestare contro la corruzione della commissione elettorale, formalmente accusata da Sadr di essere sotto l’influenza dell’ex Premier Maliki. Gli scontri con le forze dell’ordine sono avvenuti dopo che i dimostranti hanno varcato la green zone, area franca vietata a cortei e proteste pubbliche.
Al Sadr ha inoltre accusato il Governo di aver fatto un uso eccessivo della forza e ha invitato i suoi sostenitori a procedere con un secondo round di proteste nella giornata di oggi, venerdì 17. Muqtada al Sadr è uno dei leader più influenti nella storia recente dell’Iraq. A capo di una milizia sciita durante l’occupazione statunitense, Sadr ha rafforzato la sua ascesa integrando all’ala militare una spiccata capacità di attrazione ideologica e politica. Anche grazie al suo cognome, figlio dell’ayatollah Muhammad Muhammad Sadiq al-Sadr, e genero dell’ayatollah Muhammad Baqir al-Sadr, creatore di Amal, è riuscito a farsi portavoce di una corrente populista nazionalista.
L’annuncio, avvenuto il mese scorso, che le prossime elezioni si svolgeranno nel mese di settembre ha riportato l’agenda politica interna alla ribalta. Le manifestazioni che stanno avvenendo in questi giorni a Baghdad sono il segno di una profonda spaccatura tra Sadr e l’ormai ex alleato, e Premier, Haydar al-Abadi. Ma le proteste sono anche una prova di forza a sostegno della milizia creata da Sadr. L’ingresso in campo dell’Isis in Iraq ha frammentato le milizie sciite in campo, panorama che Sadr cerca di convogliare interamente sotto il suo controllo.
Davide Lemmi