Il Brogliaccio: la scissione elementare del PD
In queste ore, all’interno del PD, le formicolanti energie del Moto Browniano corrono senza requie su più linee di forza per evitare la scissione del nucleo. Potrà anche sembrare una esagerazione letteraria, tuttavia ritengo che il Partito del segretario Renzi, analizzato oggi, rappresenti una felice esegesi per la Fisica delle particelle elementari, una alternativa al Modello Standard.
Il Brogliaccio: la scissione elementare del PD
Senonché nelle convulse stanze del Nazareno, le quali per procedere con la nostra felice allegoria di sovrapposizione potremmo ben definire quali circuiti semicircolari degli acceleratori di particelle del CERN di Ginevra, gli equilibri si rincorrono, si spezzano, si dividono e si ricompongono. Le disperate chiamate all’unità del PD per scongiurare la scissione, i contatti telefonici tra l’ex premier e le diaspore sottoposte del candidato alla segreteria Michele Emiliano, gli appelli accorati alla minoranza rilasciati al Corriere della Sera, le preoccupazioni intercettate di Delrio che aprono faglie nella diga della maggioranza del Partito: particelle che si sfiorano, ma che allo stato dell’arte, a poche ore dall’Assemblea nazionale convocata per domenica, non sembrano ancora annichilirsi.
Scissione: lo spettro di Belfagor
Lo spettro di Belfagor della scissione, cosa che in pochi nel Partito di maggioranza relativa nonché nella società civile credono un orizzonte conveniente per le sorti della Sinistra in Italia, non è in realtà una caratteristica contemporanea della dialettica interna di via Sant’Andrea delle Fratte. Dalla fondazione costituente del 14 ottobre 2007 la forza politica ha attraversato almeno cinque progetti d’azione diversi con le segreterie di Veltroni, Franceschini, Bersani, l’interregnum di Epifani, dunque Renzi. A sua volta, l’atomo ideologico primigenio del PCI aveva generato, per scissione appunto, bosoni e fermioni: PDS, DS e, naturalmente, l’odierno PD.
Le correnti minoritarie aspirano al raggiungimento di obiettivi plurimi (del resto, diverse le particelle, diverse le masse e le cariche elettriche). La scuola afferente al pensiero del Guardasigilli Andrea Orlando, ad esempio, propone una Conferenza programmatica ragionata per riportare il Partito alla coerenza dei valori storici dello Statuto.
Recentemente il ministro della Giustizia ha sintetizzato tale linea ricordando Bad Godesberg ed il Congresso della Socialdemocrazia tedesca del 1959, anno in cui per la prima volta la SPD abbandonò le modalità marxiste di rivolgimento sociale. La fronda legata alle velleità di Pier Luigi Bersani non vorrebbe invece sentir parlare di Congresso, ritenendo una scissione già in atto, in vista del mancato accordo concernente il termine della legislatura.
Scissione: l’utile sacrificio
Ciò posto, siamo certi che tale confine degli eventi porti in grembo soltanto svantaggi per l’attuale segretario? La scissione potrebbe non essere un male. Secondo una linea di pensiero non del tutto peregrina, espressa con chiarezza da Alessandro Sallusti sulle colonne del Giornale, con una potenziale frammentazione politica postuma, Renzi troverebbe finalmente il libero campo di azione di cui avrebbe bisogno per plasmare definitivamente il PD a sua immagine e somiglianza.
Certo, in questo scenario l’ex presidente del Consiglio non avrebbe più i numeri derivanti dal bacino d’utenza dei voti appartenenti alle minoranze interne, ma in fondo potrebbe ancora essere abbastanza forte da costituire uno schieramento di rilievo. Ai posteri l’ardua sentenza.