Economia Europa: che fine ha fatto il Fiscal Compact?
La Commissione europea ha reso noto il Rendiconto invernale 2017 per la stabilità economica degli Stati membri. Il dossier contiene le analisi dettagliate di aderenza e rispetto dei principali parametri macroeconomici, da parte delle nazioni del Vecchio continente, riguardo al Fiscal Compact. Tale documento si inserisce nell’ottica del dialogo costante fra i tre apparati di controllo comunitario economico-sociale e le bisogne specifiche dei diversi Paesi. Inoltre, sono state allestite alcune categorie di riferimento “caratterizzate dall’eccessiva spesa pubblica o dal mancato corretto apporto di quest’ultima”. La tassonomia stilata non prevede la Grecia, se non all’interno del semplice giudizio sommario, perché attualmente inserita in un regime di controllo finanziario speciale.
Economia Europa: che fine ha fatto il Fiscal Compact?
Per ciò che concerne l’Italia, lo studio della Commissione europea, afferente alla responsabilità specifica dei tre delegati Valdis Dombrovskis, Marianne Thyssen e Pierre Moscovici, ha approntato un giudizio bivalente. È stata dedicata parecchia attenzione alle pericolose soglie del Debito pubblico, ad oggi al 133% del Prodotto interno lordo (Pil), ed alle metodiche precipue per il suo urgente contenimento (taglio della spesa improduttiva o aumento della tassazione). I vertici di Bruxelles hanno confermato dunque la richiesta per la correzione del Deficit strutturale di bilancio pari allo 0,2 per cento del Pil, per un totale di 3,4 miliardi, entro gli inizi della Primavera, pena l’avvio di una formale procedura di infrazione.
Nella sintetica valutazione di merito è stata poi messa sotto la lente d’ingrandimento la attuale staticità della macchina delle riforme. L’odierna instabilità politica nonché l’immobilismo legislativo del Parlamento di Roma preoccupano non poco le istituzioni comunitarie. Si fa esplicito riferimento alla mancanza di un piano d’attuazione per le innovazioni tese all’ottimizzazione della tassazione fiscale per i redditi e per le imprese, ancora troppo elevata, alla regolamentazione della concorrenza dei settori produttivi e alla necessaria lotta alla corruzione.
Commissione europea: le bilance commerciali
L’altro grande capitolo del comunicato esamina il problema delle partite correnti e delle bilance commerciali. La Commissione europea ha rilevato come diversi Paesi abbiano una spesa iniqua, spropositata rispetto al Pil e inefficiente (oltre l’Italia in questo insieme troviamo Francia, Bulgaria, Portogallo, Croazia e Cipro). Tuttavia l’interesse del resoconto ha anche chiamato in causa alcune nazioni che, viceversa, non rispettano i limiti del surplus commerciale derivante dal proprio mercato interno spendendo troppo poco. È questo il caso della Germania: con una partita corrente del 9 per cento rispetto al suo Pil, Berlino supera i protocolli imposti dai Trattati di Stabilità e Crescita che ne impongono i margini al 6 per cento.
Infine un richiamo particolare per l’Austria. Vienna, si legge nel rapporto, “a seguito di una indagine condotta dalla Commissione, di concerto con le autorità nazionali, dovrà pagare una multa cospicua per la falsa comunicazione di alcuni dati, concernenti il Disavanzo primario e il Debito pubblico, per gli anni che vanno dal 2008 al 2012”.
Riccardo Piazza