Aiuta un hater: Bebe Vio, Facebook e il codice penale
Il caso Bebe Vio, vittima di minacce su una pagina Facebook, ha riacceso il dibattito sull’uso corretto dei social. La vicenda, che ha colpito la campionessa paralimpica di scherma, è una storia che non riguarda solo politici, atleti e persone dello spettacolo; ma tutti noi. Chi insulta, chi è insultato, chi condivide l’insulto e chi resta a guardare senza dire nulla. “Quello che è successo a me – ha proseguito l’atleta – è veramente poco rispetto a quello che succede nel mondo dei social, a tante altre persone succede però non dicono nulla. Il mio messaggio è dire a tutti quanti: quando succede qualcosa ditelo, difendetevi, far finta di nulla è come accettarlo”.
Aiuta un hater: Bebe Vio, Facebook e il codice penale
“Sono parte delle Fiamme Oro del gruppo sportivo della Polizia e sia loro che il presidente del Cip Luca Pancalli mi hanno aiutato da subito” – ha dichiarato la Vio ai microfoni di SkyTg24. Poi è scattata la denuncia alla Polizia postale, come era giusto che fosse. “Ho denunciato – ha continuato – perché voglio sapere chi è questa persona, ma soprattutto perché può essere un esempio per le altre persone”. In molti ormai sono convinti, per superficialità o poca dimestichezza con il mezzo, che tutto ciò che scriviamo sui social sia di poco conto, proprio perché a mezzo internet. In realtà, l’insulto e la diffamazione sul web viene punito dall’art. 595 codice penale.
La diffamazione, infatti, prevede l’inserimento di frasi offensive (battute “pesanti”), notizie riservate la cui divulgazione provoca pregiudizi, foto denigratorie o comunque la cui pubblicazione ha ripercussioni negative, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta. In funzione della legislazione dello Stato di origine del gestore, inoltre, la nostra attività sui social è registrata sui siti in cui viene eseguita da un minimo di 3 mesi a un massimo di 2 anni, e l’autore in genere è facilmente rintracciabile. Due considerazioni da tenere ben chiare prima di mettersi a digitare sulla tastiera.
E’ facile insultare qualcuno attraverso uno schermo, a centinaia di chilometri di distanza. E’ facile insultare qualcuno per il suo successo, invidiarlo, senza pensare che dietro quel successo c’è un duro lavoro. Difficile, invece, rispondere con classe, senza cadere nella polvere dell’arena virtuale. La finta pubblicità progresso “Dona un neurone” lanciata dall’atleta durante il programma di Alessandro Cattelan è la giusta risposta per proteggersi dagli haters e sensibilizzare il web. L’invidia , come diceva Honoré de Balzac, è il più stupido dei vizi, perché non esiste un solo vantaggio che si guadagni da esso.