Movimento Arturo: come la trasmissione Gazebo vorrebbe sfidare i partiti italiani
Movimento Arturo: come la trasmissione Gazebo vorrebbe sfidare i partiti italiani
La politica ai tempi dei social network. L’arrivo dei social, e prima ancora l’arrivo del web, ha aperto un nuovo fronte di studio per la scienza politica, la sociologia, e non solo. I nuovi media, e prima ancora quelli che oggi sono definiti mainstream media (televisione e stampa), rappresentano uno strumento massimamente efficace per la politica e, soprattutto, per i politici.
Movimento Arturo: Gazebo sfida i partiti italiani
Il che diventa ancora più vero in un’epoca in cui la distanza tra politica e società si è andata via via ad allargare, diventando incolmabile. La destrutturazione dei sistemi partitici, causa/effetto della perdita di importanza dei partiti stessi, ha trasformato questi ultimi da soggetti di politica, come collagene tra politica e società, a meri oggetti, necessari solo a rendere praticabile il momento elettorale, rappresentando la via maestra per l’organizzazione dell’offerta politica in fase di elezioni.
Così i social network sono stati captati dalla classe dirigente come strumenti potenzialmente capaci di contribuire a colmare quel gap che si è andato via via a creare tra politica e società, più specificatamente, tra governanti e governati. E, comunque la si pensi, ci stanno riuscendo.
Oggi il dibattito pubblico si svolge sul web, a suoni di hashtag e post. Tutti gli esponenti politici, nonché le istituzioni, hanno un proprio profilo sui social, al quale si aggiungono, molto spesso, blog personali e siti web.
Movimento Arturo: la nascita di Mo.Dem.Pro.
Questa premessa delinea, molto semplicemente, il contesto teorico nel quale è nato Movimento Arturo. Ma ve ne è anche uno pratico: la scissione del Partito Democratico e il conseguente lancio di Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti, acronimizzato con un “Mo.Dem.Pro”, la formazione scissionista presentata, sabato scorso a Roma, dagli ex Pd Roberto Speranza ed Enrico Rossi, e dall’ex Sinistra Italiana Arturo Scotto.
“Hanno aperto il loro account e si sono dati il nome: si chiamano ‘Art. 1 “Mo.Dem.Pro’. Che non è il nome del partito, sono le rimanenze, i fondi di magazzino di Trony”, commenta Marco Dambrosio a Gazebo, in arte Makkox. “Ma quanto ci siamo rimasti male noi, che non abbiano utilizzato Arturo, il nostro Arturo. Gli avevamo proposto questo nome. A questo punto, secondo me – continua – il nostro Arturo può fare molti più follower di Mo.Dem.Pro, che ne ha circa 6mila in questo momento. La sfida è lanciata”.
Segue, immediata, la descrizione del movimento. “Abbiamo creato questo account Movimento Arturo. ‘Ma quanto era meglio Arturo’ è la nostra breve bio. Stiamo nascendo adesso, non siamo ancora nati praticamente. Invia il tuo primo tweet” esclama Diego Bianchi, alias Zoro, lanciando in diretta la nascita di Movimento Arturo. La sfida: “Entro il fine settimana li dobbiamo superare. Si devono pentire di questa scelta”, continua Bianchi riferendosi ai Mo.Dem.Pro Speranza, Rossi e Scotto.
Movimento Arturo: l’organizzazione
In realtà il traguardo è tagliato in poche ore.
Il desiderio di “scalata al potere” si delinea all’indomani, nella puntata di Gazebo di mercoledì 1 marzo. Movimento Arturo, su Twitter, è la quarta forza politica del Paese. Davanti solo Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia.
In 24 ore ha superato anche la Lega Nord. “Stiamo definendo la linea – spiega Makkox -. Per ridurre più velocemente il gap bisogna dire agli iscritti agli altri account, cioè al Pd, ai FI e ai 5 Stelle, di disiscriversi per poi iscriversi ad Arturo”.
L’idea è talmente piaciuta agli utenti Twitter che in pochissimo si delinea una mappa di “circoli Arturo” che supera i confini nazionali. “Perché la politica la si fa soprattutto sul territorio”, commentano gli arturiani di Gazebo.
La mappa interattiva dei circoli #movimentoarturo https://t.co/9y0fkHjGbR pic.twitter.com/dpTDhgKkai
— Movimento Arturo (@MovimentoArturo) 2 marzo 2017
“Il MovArturo di Rieti, per esempio, in meno di 24 ore ha superato i follower del Pd di Rieti. Un successo straordinario – sottolinea Zoro -. La realtà rietina è già cambiata”. Continua: “L’Italia ormai è presa, l’Europa è sulla buona strada. Tutto è nato in maniera spontanea, i circoli Arturo si intrecciano e creano gemellaggi, stilano programmi e slogan.
C’è anche chi crea la Biblioteca Arturiana, luogo di cultura e dibattito tra i militanti del Movimento Arturo”. Da qui il lancio delle primarie, previste per il 29 aprile, un giorno prima di quelle per la segreteria del Partito Democratico. E se a sfidarsi per la segreteria dem saranno Matteo Renzi, Michele Emiliano e Andrea Orlando, i tre contendenti per la guida del Movimento Arturo sono Zoro, Makkox e il produttore di Gazebo, Andrea Salerno.
Lo slogan è emblematico: “Dove sta, dove sta”. Cosa? Sarcasticamente, la sinistra.
Movimento Arturo: il commento di Pippo Civati
“Quei geni totali di Gazebo hanno lanciato un movimento a sinistra che si prende gioco (giustamente) delle nuove aggregazioni a sinistra, che si rincorrono. Ne nasce una alla settimana: e ogni settimana per unire, ci si scinde”, scrive sul suo blog il deputato ex Pd Giuseppe Civati, oggi leader di Possibile.
“Le sigle e gli acronimi si rincorrono, si replicano, si elidono: però – continua Civati – ovviamente tutti parlano di unità, solo che non si capisce bene con chi la farebbero, questa unità. Il messaggio dei Gazebos è occamiano: al di là dello scherzo, contiene una verità non banale”.
Movimento Arturo: la fine di un rapporto “diretto”
Per tornare al contesto teorico, la “sfida” lanciata da Gazebo ai partiti e, soprattutto, il successo mediatico ricevuto in pochissimo tempo, dimostra nuovamente la potenza dei media e la loro capacità di scavalcare la politica, o meglio, la politica istituzionale, quella dei palazzi.
Non solo. Anche Movimento Arturo dimostra come, ad oggi, tutto può, almeno potenzialmente, essere fatto direttamente da casa, davanti ad un computer. Non ci si aggrega più in un circolo, nelle piazze, più semplicemente, in un luogo fisico. Il web è divenuto circolo interattivo di qualsivoglia arena di dibattito.
E, per quanto riguarda il rapporto governanti/governati, i primi possono, grazie ai social, avere rapporti diretti con i secondi, contribuendo all’indebolimento ulteriore dei partiti politici e, contemporaneamente, all’aumento vertiginoso della personalizzazione della politica.
In questo rapporto “diretto”, dunque, scompare, o comunque si ridimensiona fortemente, la dimensione dell’intermediazione, per esempio quella partitica, superando la sua stessa necessità.
La dis-intermediazione e la personalizzazione della politica si saldano, poi, con la sua semplificazione. Conseguenza non solo delle caratteristiche sintattiche di alcune piattaforme (i 140 caratteri su Twitter, per esempio), ma anche, e soprattutto, del tentativo di svuotare la politica della complessità di un pensiero astratto, poco consono ai cittadini-elettori, reinterpretandola per punti e con il linguaggio della quotidianità.
Un cambio di direzione sembra, obiettivamente, impossibile. E forse è giusto così. Il progresso è da vedersi positivamente, perché dimostrazione dello sviluppo dell’umanità. Ma l’evoluzione “umana” non è condizione necessaria e sufficiente del progresso “civile”.
Il che sarebbe indispensabile, ma, sfortunatamente, non risulta scontato.