Nella giornata dei rifugiati
Giornata mondiale dei rifugiati. L’Africa, nonostante la tanto decantata crescita economica di alcuni paesi, continua a mantenere il triste primato. I paesi a sud del Sahara ospitano un quinto di tutti i rifugiati del mondo.
Il numero totale dei rifugiati sul pianeta è stimato in circa 45 milioni, una enormità. I rifugiati esprimono due cose del nostro mondo contemporaneo. La prima è che viviamo in un pianeta nel quale la pace è non solo una chimera ancora da raggiungere, ma nel quale la guerra e i conflitti sono ancora il principale sistema per comporre le controversie. La seconda è che il nostro sistema sociale non si è affatto attrezzato per agire la solidarietà.
I rifugiato infatti quasi sempre vivono in campi ai margini delle zone abitate, in territori poveri anche di beni primari come l’acqua e che devono essere attrezzati per offrire condizioni di vita appena sufficienti alla sopravvivenza.
L’Europa ospita solo il 15 per cento dei rifugiati del mondo e l’Italia, nonostante la nostra politica ne abbia fatto uno dei temi principali di politica interna, accoglie solo 58 mila rifugiati. Una cifra contenuta anche rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea.
Queste sono le fredde cifre. Fredde, appunto, perché non esprimono affatto cosa significa vivere in un campo profughi. Si pensi al fatto che questi campi esprimono al massimo il concetto di precarietà che è deleterio per lo sviluppo umano. Sentirsi precari rende impossibile fare progetti per la propria vita e questo è drammatico soprattutto per i giovani.
E poi le condizioni di vita. Spesso i rifugiati hanno perso qualcuno della propria famiglia. Perso, nel senso che non sanno nemmeno se è vivo o morto. Anche questa condizione impedisce la vita.
Inutile dire che acqua, cibo, intimità, scuola, sanità nei campi profughi sono beni scarsi o addirittura inesistenti.
Potremmo immaginare che i 45 milioni di rifugiati nel mondo costituiscano un paese, governato da un dittatore implacabile e crudele che non offre ai suoi cittadini nulla, nemmeno una casa, ma che li tiene accalcati in campi infangati o polverosi e non costruisce scuole e nemmeno ambulatori o ospedali. Sembra fantasia ma questo paese c’è.