Elezioni Francia: perché il vero favorito è Emmanuel Macron
Emmanuel Macron è passato, nel trascorrere di pochi mesi, da giovane incognita al di fuori dei collaudati schemi del semi-presidenzialismo francese ad essere il candidato favorito allo scranno di presidente della Rèpublique.
Sembrava improbabile trovare uno spazio politico in mezzo ai due grandi partiti che tradizionalmente si alternano alla guida del paese. Eppure stando ai sondaggi Macron pare, infine, averlo trovato.
Innanzitutto, smarcandosi dalla pericolosa china intrapresa dal PS sotto la presidenza Hollande. Poi fondando da fuoriuscito il movimento En marche, che sembrava incapace di poter confrontarsi con strutture di partito e macchine elettorali collaudate come quelle dei LR del PS e, perché no, anche del FN ormai da anni costantemente sopra il 20 per cento delle preferenze.
Ma l’intuizione di gettarsi nello sconquasso del sistema bipartitico della quinta repubblica francese non è stata una imprudente fuga in avanti. Tutt’altro. È doveroso ricordare come molta parte della sua fortuna sia dovuta agli errori commessi nei campi avversari.
Elezioni Francia: le colpe degli altri
In primis, la crisi del PS uscito malissimo e dal quinquennio di Hollande; costretto a ritirare la sua candidatura per un secondo mandato e dalle successive primarie che hanno individuato una frattura netta tra l’ex minoranza ora vincitrice di Hamon e la parte più social-democratica guidata da Valls.
Dal lato destro i Repubblicani si apprestavano a vincere in scioltezza con la forte candidatura di Fillon. Ma si sono trovati incastrati nel “Penelopegate” (sui compensi percepiti dalla moglie per fittizie prestazioni come collaboratrice parlamentare). Per cui il candidato si trova oggi indagato, continuamente incalzato dalla stampa e con sempre meno sostenitori politici; tanto che si pensa possa rinunciare alla corsa per l’Eliseo.
Senza dimenticare le indagini sull’utilizzo dei rimborsi garantiti dagli scranni all’europarlamento in cui si sospetta possa incorrere anche il FN e la leader Marine Le Pen.
Elezioni Macron: i suoi meriti
In tutto questo trambusto Macron ha sicuramente avuto il merito di far partire la campagna elettorale in netto anticipo rispetto agli avversari. Tanto da suscitare l’iniziale ironia dei commentatori transalpini in quanto oltre a slogan molto vaghi, per molto tempo, non c’è stata traccia di un programma chiaro o di proposte definite. Col passare dei mesi, però, ha ottenuto diversi appoggi per nulla scontati che hanno messo “in marcia” la sua candidatura. Soprattutto a livello locale.
L’età (36 anni) e una capacità comunicativa molto sottile ed efficace, che apre alla narrazione di una Francia più dinamica e semplice (noi, progetto, movimento al posto di partito, semplificazione, unire le forze, etc..) stanno facendo il resto. Il nuovo che lotta contro il passato di una classe politica francese invecchiata e logora.
Macron, tra l’altro, ha finora evitato di prendere una posizione netta sui dossier per lui più scomodi come la questione immigrazione e l’eredità della presidenza Hollande (di cui è stato per anni ministro dell’economia).
Ma dietro tutto questo, i pochi, e soltanto da qualche giorno snocciolati, “projets” del giovane candidato presidente sembrano un mix per nulla nuovo di proposte classiche della destra liberale e della sinistra social-democratica degli ultimi trent’anni.
Il suo profilo è innegabilmente quello di un liberal-democratico che ha fiducia nel mercato, nell’iniziativa individuale e nella flessibilità del mercato del lavoro. Nella liberalizzazione dei settori professionali, nel ridimensionamento della spesa pubblica, nell’abbassamento delle tasse sulle imprese.
Elezioni Francia: la terza via
In questo senso, come dimostra l’appoggio del MoDem Bayrou, il “prezzemolo” della politica francese, Macron risulta incarnare perfettamente la declinazione francese della terza via degli anni ‘90. Superando esplicitamente le vecchie contrapposizioni culturali tra la gauche e la droite ed allo stesso tempo interpretandone compiutamente la sovrapposizione politica di questi ultimi anni.
Liberalizzazioni, taglio della spesa pubblica e politiche per stimolare la competitività dal lato dell’offerta della destra, si conciliano in Macron con un attenzione all’ambiente (Cohn-Bendit e altri ecologisti appoggiano il suo movimento), ai diritti civili e ad un filo-europeismo convinto (l’economista Pisani-Ferry sta organizzando la piattaforma economica, mentre Jacques Attali ha annunciato da tempo il suo sostegno) di tradizione progressista.
Il tutto condito da misure “anti-casta” (su pensioni dei parlamentari e retribuzione dei collaboratori) che nella congiuntura politico-mediatica del momento fanno sempre più gola all’opinione pubblica francese.
Se il vento per le presidenziali sembra soffiargli a favore, la peculiarità del sistema elettorale francese può però non essergli d’aiuto. Infatti, qualora Macron diventasse presidente, difficilmente troverebbe una maggioranza parlamentare del movimento En marche. Dovrà probabilmente co-abitare con un Primo ministro di un altro partito (forse LR). Oppure, cosa mai successa durante la quinta repubblica, espressione di una maggioranza inedita.
Uno scenario di questo tipo, oltre ad essere l’ennesima dimostrazione della crisi dei sistemi elettorali d’impianto maggioritario in Europa, sarebbe complicato da gestire per chi pensa essere arrivato per la politica francese “Le moment d’une réfondation profonde …”.
Luca Scaglione