Mappe geopolitiche: la divisione del mondo ai tempi della globalizzazione

Pubblicato il 13 Marzo 2017 alle 13:51 Autore: Alessandro Faggiano
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mappe geopolitiche: la divisione del mondo ai tempi della globalizzazione

Con la caduta del muro di Berlino, la divisione in primo, secondo e terzo mondo viene meno. Gli Stati Uniti, baluardo del free world, del capitalismo e libero mercato, hanno la meglio sull’ideologia comunista e il sistema sovietico. Il mondo deve essere ridisegnato. Questas volta, però, non vi è più una contrapposizione netta e frontale. Non vi è più un Occidente contro Oriente, un Nord contro Sud.

Dagli anni ’90, la geopolitica si relativizza ulteriormente e si disegnano vari scenari plausibili del nuovo ordine geopolitico mondiale.  Abbiamo già incontrato uno dei modelli che ha avuto maggior esito all’interno della classe politica – più che nel mondo accademico -. Il modello di Samuel Huntington del Clash of Civilizations (1993) inaugura il nuovo filone della geopolitica classica. Si riprendono elementi già utilizzati nei grandi modelli classici – quali quelli di Mackinder (primi anni del ‘900) e dell’ideologo nazista Haushofer (anni ’20 del XX secolo) –  per impiantarli nel XXI secolo.

Mappe geopolitiche: la rivisitazione del modello panregionale per un mondo multipolare

Oggi vi proponiamo un modello pubblicato su evrazia.org che riprende, in buona parte, le strutture spaziali adottate dall’ideologo nazista Karl Haushofer. Tali strutture spaziali non sarebbero altro che regioni, zone, territori, con determinate caratteristiche (che siano esse sociali, politiche o geografico-morfologiche). Il modello qui proposto, evidenzia una possibile divisione del mondo in quattro macroregioni: la zona anglo-americana (comprendente Regno Unito, Americhe, Australia e Nuova Zelanda), la zona euro-africana (che ricorda molto la visione imperialista del XIX secolo), la regione pan-eurasiatica (che si sovrappone in buona parte con la regione pivot di Mackinder) e, finalmente, la zona dell’estremo Oriente e del Pacifico (che include Cina, Giappone e la maggior parte delle “tigri asiatiche”.

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Mappe geopolitiche: il ‘big space’, ovvero le zone d’influenza

Tali macroregioni sarebbero composte da zone d’influenza specifiche – chiamate, in inglese, big space -. E così, le quattro macroregioni vengono ripartite in ‘big spaces’, fino a un totale di dodici. La zona identificata con il numero 7 corrisponde in maniera quasi perfetta con la regione pivot di Mackinder, citata anteriormente. La zona anglo-americana si suddivide nel grande spazio del “Commonwealth”, nel centroamericano (dominato dal Messico) e infine il Sudamericano.

La regione euro-africana si riparte, per sommi capi, in Unione Europea (4), spazio arabo-islamico (5) e, a sud, il trans-sahariano (6). All’interno della regione pan-eurasiatica spicca il big space del mondo islamico continentale, che si sovrappone al Medio Oriente.Poi, India (9) Cina (10) e Giappone (11) occupano intere zone definite dalla loro territorialità. Le tigri asiatiche rientrerebbero nell’ultimo big space, il dodicesimo (chiamata area del Nuovo Pacifico). Ognuna di queste zone presenterebbe un attore leader all’interno dello scacchiere geopolitco mondiale. Il modello proposto è, pertanto, fondato sulla visione di un mondo multipolare e strettamente relazionato.

 

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L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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