Riforma del Senato, regge il patto tra Renzi e Berlusconi. È arrivato ieri sera, infatti, l’annuncio dell’accordo tra Partito Democratico, Forza Italia e Lega sul testo di riforma di Palazzo Madama, che a luglio approderà al voto in aula per la prima lettura. Dagli attuali 315 a poco più di 100 senatori. Cinque saranno nominati dal Presidente della Repubblica e resteranno in carica 7 anni: spariscono dunque i senatori a vita. Anche per loro il mandato non sarà più rinnovabile. Altri 21 saranno scelti fra i sindaci di ogni regione (uno rispettivamente per le province di Trento e Bolzano) e 74 fra i componenti dei consigli regionali. Questi i numeri del nuovo Senato, figlio del patto del Nazareno tra il segretario Renzi e il leader Fi. Resta il vincolo dell’elezione indiretta, così come nei desiderata del premier Renzi: la durata del mandato coinciderà, infatti, con quella delle amministrazioni di provenienza. Novità è la reintroduzione dell’immunità estesa a tutti i parlamentari. Segno che nella trattativa con Forza Italia Renzi ha dovuto concedere qualcosa: nell’impianto originale, infatti, l’art.68 che vieta l’arresto, le perquisizioni e l’uso di intercettazioni nei procedimenti a carico di componenti del parlamento era destinato solo ai deputati. Nel nuovo testo di legge, invece, tale misura è estesa anche ai senatori. Senatori che non voteranno più la fiducia al governo, che resta materia esclusiva della Camera dei Deputati. Poteri ridimensionati anche su diversi argomenti di legge. Ad essere ridimensionati saranno anche gli stipendi. I consiglieri regionali che approderanno a Palazzo Madama avranno una retribuzione pari a quella dei sindaci dei comuni capoluogo.
La data fissata per il primo voto sul testo di revisione costituzionale è il 3 luglio, quando il Senato sarà chiamato ad esprimersi per la prima lettura. Un’accelerazione garantita anche dall’accordo raggiunto tra i relatori della legge, Anna Finocchiaro per il Pd e Roberto Calderoli per la Lega, che nella tarda serata di ieri hanno recepito tutti gli emendamenti emersi dal confronto fra Pd, Forza Italia e Lega poi confluiti nel testo, insieme alle norme transitorie.
Nella bozza di riforma del Senato oltre al superamento del bicameralismo perfetto, significative novità anche per la legge elettorale, che sarà sottoposta a giudizio preventivo della Corte costituzionale, la quale dovrà pronunciarsi entro un mese. Non sarà più possibile, inoltre, inserire materie estranee all’oggetto del decreto da approvare. Eliminata la “legislazione concorrente” nel rapporto fra Stato e Regione, il nuovo assetto del Titolo V assegna al potere centrale la competenza in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionali di energia oltre alle grandi reti di trasporto di interesse nazionale. Lo stato vigilerà in via esclusiva anche su difesa, politica estera e immigrazione. Resta alle regioni la competenza su sanità, servizi sociali e pianificazione territoriale. “Corsia preferenziale” per i disegni di legge di iniziativa governativa: il Parlamento dovrà esprimersi, infatti, entro 60 giorni. Da 50mila a 300mila, infine, il numero di firme necessarie per presentare un referendum di iniziativa popolare.
“Un ottimo risultato” ha commentato Renzi con i suoi collaboratori. Soddisfazione, dunque, in casa dem. Cercare e mantenere l’intesa con Berlusconi, così come Renzi si è ostinato a fare in questi mesi, ha funzionato. Il rapporto privilegiato con Forza Italia garantisce al provvedimento (salvo dietrofront dell’ultima ora) i numeri in aula per l’approvazione. Silenziate, dunque, tutte le minoranze e le voci di protesta, sia in casa Forza Italia che nel Partito Democratico, con i 14 senatori dissidenti pronti a “dare battaglia” in aula. Un’agitazione che non preoccupa più di tanto il premier, sicuro che l’asse con Fi reggerà, garantendo la maggioranza anche in caso di voto contrario da parte della minoranza, guidata da Mineo, Mauro e Massimo Mucchetti. Del resto, a ribadire la forza dell’accordo con Berlusconi, ieri, è stato lo stesso ministro Boschi: “C’è un accordo, c’è un percorso che facciamo da tempo. È giusto ascoltare tutti ma non si cambia partner all’ultimo minuto” ha precisato la titolare delle riforme in conferenza stampa. Sintomo che nell’incontro con il Movimento Cinque Stelle, previsto per mercoledì prossimo, Renzi e i suoi sono pronti a non concedere nulla, anche se si dichiarano disponibili ad “eventuali modifiche condivise” da tutti i gruppi parlamentari.Un’esclusione, quella dei pentastellati dal tavolo delle riforme, a cui si abbina anche quella di Ncd, con Angelino Alfano che non ha ancora reso dichiarazioni ufficiali rispetto al provvedimento.
Carmela Adinolfi