Sondaggi politici: perché, secondo gli italiani, non funziona il partito personale
Chiudiamo l’analisi dell’approfondimento settimanale di SWG, questa volta incentrato sul partito personale. Nell’epoca della massima mediatizzazione della politica, della rinascita dei populismi e l’auge dei telepopulismi, la personalizzazione del partito sembra diretta conseguenza. Gli italiani, però, non sembrano gradire tale effetto collaterale. E allora, ecco che la maggior parte degli intervistati stronca i partiti imperniati sulla figura del leader. La stessa valutazione degli esponenti massimi è decisamente negativa (riferendosi ai leader dell’ultimo ventennio).
Potete leggere QUI l’analisi sul grado di accettazione del partito personale e l’analisi sul tema; il fattore ideologico sembra indirizzare le risposte degli intervistati.
Potete leggere QUI il pensiero degli italiani sui leader degli ultimi vent’anni e un’analisi sul tema.
Sondaggi politici: ecco perchè non funziona il partito personale
Il sondaggio dimostra di essere particolarmente interessante. I personalismi, nell’epoca della audience democracy, sono elemento chiave della competizione politica. Tuttavia, i rischi legati all’antropomorfizzazione del partito nella figura del leader sono decisamente alti.
La domanda che pone SWG agli intervistati è la seguente: “che cosa non funziona più nel cosiddetto partito personale?” Le possibili risposte vanno dal “molto d’accordo” a “per nulla d’accordo”.
Le cinque affermazioni proposte da SWG superano abbondantemente il 50% nel dato aggregato “molto + abbastanza d’accordo”.
Sondaggi politici: una corte per fiducia, non dirigenti per merito
L’affermazione che suscita maggior consenso circa il “malfunzionamento” del partito personale è la creazione di una “corte” intorno al capo, piuttosto che un vero gruppo dirigente (72%). Si sottintende che la struttura decisionale del partito sia decisamente verticale; idea che, evidentemente, non aggrada il campione intervistato. Proprio l’estrema importanza ricoperta dal leader può far crollare il partito, in caso di caduta del leader stesso (70%). Ciò comporterebbe una formazione e un declino più rapido dei partiti personali, rispetto ai tradizionali; il partito rifletterebbe, in effetti, il destino del suo leader (68%).
Gli elementi che chiudono questa cinquina sono legati alla correlazione tra identità del partito e il leader. Nei partiti personali, la creazione dell’organizzazione si deve, spesso, allo stesso leader (64%). Due casi recenti sarebbero il Movimento per la Campania di De Luca e il DeMa del sindaco De Magistris. Il leader è il vero fulcro del partito, colui che fornisce regole, valori e un’identità all’organizzazione(65%)
Sondaggi politici: tipo di partito ripudiato, ma votato
Il maggior paradosso che ne risulta è che i due principali partiti italiani – M5S e PD – sono fortemente personalistici. In particolare, il primo è fortemente legato alla figura di Beppe Grillo. Nonostante l’orizzontalità promossa dalla base, le decisioni di rilievo sono facilmente indirizzate dal leader máximo. Nel PD, la figura di Renzi ha oscurato il resto del gruppo dirigente e rimane il protagonista assoluto della scena politica italiana.