Riforma del Senato e immunità. Non si placano le polemiche, dentro e fuori il Partito Democratico. La reintroduzione dello “scudo” nella bozza di riforma di Palazzo Madama, che di fatto impedisce l’uso di intercettazioni, la perquisizione e l’arresto per i senatori della Repubblica (previa autorizzazione del Parlamento), diversamente da quanto previsto dal governo prima dell’accordo con Forza Italia e Lega, rischia di diventare l’ennesimo terreno di scontro per i democratici.
La minoranza Pd è tornata all’attacco con il senatore dissidente, Vannini Chiti che, stamani, in un’intervista a Repubblica ha preannunciato emendamenti per cancellare il provvedimento: “L’immunità per sindaci e consiglieri regionali non solo non ha senso, ma diventerebbe anche molto rischiosa perché si estenderebbe all’attività amministrativa, all’azione di quel consigliere regionale-senatore, di quel sindaco-senatore. Così, in un Paese come l’Italia, si amplia la sfera della non trasparenza e aumenta il rischio dell’illegalità” ha denunciato Chiti.
“L’immunità non può essere estesa a consiglieri regionali e sindaci, non può esserci una differenza rispetto all’immunità tra deputati e senatori, quindi l’unica via è superare il problema abolendo il secondo comma dell’articolo 68″ ha affermato l’esponente della minoranza dem. “Con leggi fortemente maggioritarie come ormai sono quelle elettorali, il secondo comma, e cioè l’autorizzazione delle Camere sulla privazione della libertà personale, appare sempre più affidato a una ragione politica, cioè ai rapporti di forza – ha spiegato Vannino Chiti – se proprio si vuole mantenere l’autorizzazione, essa dovrebbe essere lasciata a una sezione speciale della Corte costituzionale che dovrebbe nascere appositamente”.
Di parere diverso, invece, il compagno di partito, il capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza: “non mi sembra un problema centrale, nella strada verso le riforme. Anche perché alla Camera è già prevista” ha spiegato Speranza in un’intervista al Corriere della Sera, tentando di smorzare la discussione all’interno del partito e spostare l’attenzione sul terreno generale delle riforme: “è giusto che il Senato approfondisca – ha ribadito – ma più che sull’immunità mi concentrerei sul percorso delle riforme, dove c’è ancora del lavoro da fare”. Se all’interno del Partito Democratico le acque sembrano destinate ad essere ancora agitate, con forti critiche all’indirizzo dei renziani e di buona parte del governo da parte della minoranza dem e dei civatiani, Lega, Ncd e Udc, invece, plaudono al provvedimento non senza riserve.
Favorevole all’immunità ma “con limiti” il segretario della Lega, Matteo Salvini: “terrei l’immunità solo per fatti riconducibili all’attività legislativa e politica del senatore che è anche sindaco o consigliere regionale” ha detto il leader del Carroccio in un’intervista a La Stampa. Immunità sì, ma sul modello europeo propone Salvini, che chiarisce: “Se piglio una mazzetta devo essere arrestato, punto e basta, anche se mi mandano a Palazzo Madama”. “Se l’immunità viene estesa senza limiti non mi piace” ma “in linea di principio io sono a favore a una tutela del parlamentare” ha concluso.
A fare eco al segretario Salvini, sempre dalle pagine del quotidiano torinese, anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini: “l”immunità non è un privilegio ma una garanzia finalizzata a un corretto ed equilibrato rapporto tra diversi poteri dello Stato. I costituenti non avevano in mente di tutelare una casta di privilegiati ma sapevano che l’autonomia del legislatore va salvaguardata dalle interferenze del potere giudiziario” ha detto Casini, presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama. Della necessità di mantenere l’immunità per chi siede in Senato ha parlato anche il coordinatore di Ncd, Gaetano Quagliariello: “non è un dogma, ma il portato del bilanciamento di pesi e contrappesi in un nuovo quadro costituzionale. Insomma, se vogliamo che i senatori possano cambiare la Carta ed eleggere organi costituzionali, l’immunità è necessaria” ha affermato Quagliariello, componente della commissione Affari costituzionali del Senato. “Non è una questione di par condicio rispetto alla Camera, né un privilegio dei senatori. Servono scelte coraggiose. Nell’epoca dei tweet valgono le impressioni, ma la rappresentanza si fonda sulla sedimentazione delle idee” ha concluso il numero due di Ncd.
L’immunità? “O per tutti o per nessuno” ha dichiarato, infine, l’ex presidente della Consulta, Ugo De Siervo, invitando il parlamento ad un atto di coraggio e di responsabilità istituzionale. “La cosa fondamentale è che deputati e senatori devono avere le medesime garanzie. Si può ipotizzare di togliere ogni immunità anche ai deputati, ma non è pensabile che solo i senatori debbano rispondere, allorchè i deputati non debbono farlo” ha spiegato De Siervo a Repubblica.
Sull’argomento appare granitica la posizione del Movimento 5 Stelle che, per bocca del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, boccia senza appello l’immunità: “La questione dell’immunità non ci appartiene. Noi non la utilizziamo anche se ne abbiamo diritto. L’immunità deve scomparire”.Concetto ribadito da Giovanni Endrizzi, Vito Crimi e Nicola Morra, che siedono in commissione Affari costituzionali al Senato. “Tutti i nostri emendamenti – dichiarano i tre senatori – puntano a restringere le immunità parlamentari e a fermare lo scempio della concessione dell’immunità a senatori che il Governo vorrebbe non eletti democraticamente da parte dei cittadini. Gli emendamenti del M5S sono volti a ridurre i privilegi dei parlamentari, difatti prevedono l’abolizione della autorizzazione per intercettazioni, sequestri, perquisizioni e arresti. L’unica tutela concessa è quella per le opinioni espresse nell’esercizio del mandato”.
Il pentastellati vengono però contraddetti da alcuni esponenti del Pd. Il senatore Francesco Russo twitta accusando ben dieci senatori del M5S di aver presentato emendamenti per introdurre l’immunità. Immediata la replica: “Russo come la Finocchiaro giocano alle tre carte con gli emendamenti del M5S, addebitandoci posizioni inesistenti. Il Movimento 5 Stelle vuole l’abolizione dell’immunità parlamentare in entrambi i rami del Parlamento. L’emendamento 6.5 a prima firma Fattori e sottoscritto anche da altri nove portavoce al Senato fa parte di una serie di proposte in difesa del ruolo elettivo di Palazzo Madama. Non a caso gli emendamenti precedenti, il 6.134 ed il 6.172, aboliscono qualsiasi tipo di immunità per perquisizioni e intercettazioni”.