Analisi sondaggio Demos e Pi del 19/03/2012
Sulla Repubblica di ieri, nella consueta rubrica “Mappe” curata da Diamanti, sono stati presentati moltissimi dati che hanno generato e generano molti spunti di riflessione. Alcuni riguardano semplicemente le intenzioni di voto mentre altri sono rilevazioni demoscopiche che descrivono, in un certo senso l’attuale situazione politica in tutta la sua complessità.
Grazie alla prima tabella possiamo studiare il gradimento dei partiti in questa fase storica ma sopratutto possiamo analizzare il trend grazie alle stime di voto rilevate nei mesi successivi.
In primo luogo appare evidente l’andamento opposto dei due maggiori partiti che, da Settembre 2011 (il periodo più acuto della crisi con lo spread schizzato oltre i 450 punti base) in poi, fanno registrare risultati opposti: da una parte il Pd che dal 26% passa progressivamente al 29%, mentre il Pdl, già in difficoltà, scende sotto la quota del 25% contro il quasi 30% di un anno prima.
[ad]Il nuovo anno però si apre con un trend negativo per i due partiti maggiori che scontano certamente l’impopolarità delle misure adottate dai tecnici e l’insofferenza dei rispettivi elettorati. In questo scenario, come sottolineato da Diamanti, il dato rilevante risulta la somma dei due partiti maggiori che raggiunge il 50% contro il 70% delle elezioni del 2008. Questo elemento così negativo per i bipolaristi suona molto bene all’ Udc di Casini che, dall’insediamento del governo Monti fa registrare un deciso incremento di preferenze passando dal 7% al 10%.
Meno rilevanti sono le oscillazioni degli altri partiti che, a parte la Lega, non fanno registrare particolare variazioni tra il periodo mentre interessante è la percentuale del non voto rilevata che risulta molto inferiore rispetto ad altre survey e quindi, a nostro avviso, maggiormente credibile.
Fin qui nullo di nuovo sopratutto perché già altri sondaggisti avevano fotografato le tendenze riportate da Diamanti; tuttavia quasi nessuno avevo rilevato altri aspetti presenti nell’Atlante Politico. In particolare ci concentreremo su due prospettive che, a nostro avviso, risultano interessanti anche per aprire delle finestre sul futuro della politica Italiana.
Il sondaggio sul colore politico del governo Monti ci dice almeno due cose:
-Dal suo insediamento e con il dispiegarsi delle misure economiche ,agli italiani, la matrice politico-culturale del Premier e apparsa meno confusa per cui, se pur di poco, è diminuita la percentuale di elettori che ritiene Monti e il suo governo non definibile da un punto di vista di appartenenza politico.
-Il secondo aspetto rilevante è che questa “presa di coscienza” dell’elettorato rispetto al colore politico del governo Monti rivela qualcosa di inequivocabile ossia la convinzione che, in definitiva, il governo dei tecnici sia in realtà un governo di destra.
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[ad]Specialmente questo secondo aspetto viene messo in luce dai numeri nella loro distribuzione temporale; infatti se al momento del suo insediamento l’appartenenza politica di Monti appariva poco chiara (tra centro, destra e sinistra tutte le percentuali si attestavano tra l’8% e il 10%) nel Marzo del 2012 scopriamo che, gli elettori, non solo definiscono l’ex commissario europeo come un uomo di destra, ma addirittura non lo associano neanche al centro (nonostante Casini sia il primo sponsor di Monti) o non lo associano in misura maggiore rispetto ad una appartenenza alla sinistra.
Questo aspetto rivela come in realtà l’elettorato italiano sia molto più navigato di quanto spesso si voglia far credere. L’idea del governo a-politico, infatti è durata poco e gli elettori hanno ben presto capito (e c’è da scommettere che tale consapevolezza è destinata ad aumentare nel tempo) che il punto di riferimento non può che essere la maggioranza parlamentare uscita dalle elezioni del 2008.
Infine un ultimo commento su una altra rilevazione demoscopica che certamente agiterà i partiti ossia la potenzialità elettorale di una eventuale lista Monti.
In primo luogo va detto che tale risultato, considerato il grado di fiducia del governo Monti, non dovrebbe stupire gli osservatori più attenti. La cosa che invece stupisce è che stando ai numeri dei precedente sondaggi, posto che le comparazioni tra sondaggi con domande diverse sono sempre difficili e poco consigliate, pare che una ipotetica lista Monti ,oltre che drenare voti tra gli indecisi risulti attrattiva sopratutto tra gli elettori dei partiti maggiori e in particolare tra quelli del Pd (a meno che non si voglia ipotizzare che una parte degli elettori democratici attuali non sia in realtà più a destra di quanto pensi di essere, questo potrebbe essere un interessante spunto di analisi).
Tuttavia, tra tutti i sondaggi, questo appare quello più improbabile per molte ragioni.
Il potenziale elettorale di una lista Monti infatti risentirà necessariamente di alcuni fattori chiave come i provvedimenti adottati. L’aumento dell’età pensionabile, l’Imu, l’aumento dell’Iva ad Ottobre e altre misure metteranno in seria difficoltà il governo tecnico non appena si faranno sentire nelle tasche dei cittadini.
Esistono inoltre variabili di sistema ad oggi imponderabili ma che avranno effetti palesi all’avvicinarsi della scadenza elettorale: in primo luogo la legge elettorale con la quale si andrà al voto non è un elemento trascurabile come non lo sono le alleanze che sposteranno certamente quote consistenti di elettorato.
Inoltre una eventuale lista Monti che nasca ex novo nel panorama politico italiano dovrebbe confrontarsi con alcuni ostacoli difficilmente aggirabili nonostante la popolarità e il consenso dell’opinione pubblica che hanno caratterizzato l’azione di governo in questi mesi.
Detta in altri termini, possiamo affermare che sul cosiddetto “elettorato d’opinione” la lista Monti può senz’altro esercitare un certo fascino ma storicamente questo elettorato risulta fortemente minoritario (se pur in crescita) e non equamente distribuito nel Paese. Per intercettare quindi il grosso dell’elettorato sono altre le strategie da mettere in campo: la costruzione di liste con candidati competitivi, le alleanze con soggetti locali in grado di garantire determinate quantità di voto in particolare al Sud, la preparazione di una campagna elettorale e altri elementi che certamente non sono noti ai tecnici ma che sono molto noti ai politici che, in questo caso, sono veri e proprio tecnocrati delle competizioni elettorali.
In sostanza “scavalcare” i partiti assumendosi una responsabilità di governo in momento delicato è stato relativamente facile per Monti anche grazie al sostegno di Napolitano ma insidiare i partiti sul terreno del consenso è ben altra cosa visto che, almeno in questo, le macchine elettorali, sopratutto dei partiti maggiori sono tutt’altro che morte.