Elezioni Francia: Macron, Le Pen e l’economia che condiziona l’Europa
Elezioni Francia: Macron, Le Pen e l’economia che condiziona l’Europa
Emmanuel Macron, Le Pen permettendo, potrebbe davvero diventare il successore di Hollande. Il prossimo 7 maggio, il ballottaggio svelerà al mondo le sorti di un voto che non riveste soltanto un’importanza nazionale. La Francia è uno dei sei Paesi fondatori della Comunità economica europea (CE) nonché della Comunità europea dell’Energia atomica (EURATOM). Conquiste sancite nel Trattato di Roma del 1957. Entrambi i candidati propongono dei programmi impegnativi, di non semplice realizzazione.
Elezioni Francia: liberalismo e nazional-populismo
Dopo i risultati ottenuti dal Referendum sulla Brexit e l’elezione americana di Trump, le previsioni statistiche hanno perso buona parte della loro attendibilità agli occhi della pubblica opinione.
Tuttavia, molte analisi di queste ore concordano nel dare a Macron la vittoria. Inoltre, quasi tutti i principali partiti sconfitti (tranne la sinistra di Mélenchon) hanno dato mandato ai propri elettori di convergere sul candidato di En Marche! al secondo turno.
L’esempio non divergerebbe poi troppo dal comportamento dell’elettorato francese degli ultimi anni. La vittoria nel 2002 di Chirac, a spese di Jean-Marie Le Pen, fa ancora scuola.
Una cosa è certa: i partiti di massa della tradizione hanno dovuto alzare bandiera bianca in favore del “movimentismo d’azione”. L’Europa sarà ancora una volta condizionata dalla sua capacità di reazione plastica. Dalla sua resilienza.
Elezioni Francia: due modelli a confronto
L’ispirazione liberale edulcorata da una politica vicina alle classi medie è ciò che distingue il Vademecum economico di Macron.
Le sue proposte sono distanti dall’impianto protezionista paventato da Marine Le Pen. L’ex ministro del governo di François Hollande ha in mente una Francia rigorosa. Salda nei bilanci grazie ad un ritorno agli investimenti pubblici. Parigi dovrà trovare nuovo slancio all’interno di una Europa riformata e solidale, che consideri prioritaria l’integrazione fiscale nonché bancaria.
Spazio quindi ad un giusto mix di risparmi e di nuovo deficit pubblico. I primi, 25 miliardi almeno, dovrebbero giungere dalle politiche sociali; 10 da una sforbiciata alle spese degli Enti locali. I secondi, gli investimenti, per un totale di 50 miliardi, andrebbero a foraggiare la formazione e la transizione energetica ecologica. Priorità anche alla Sanità ed alla digitalizzazione delle amministrazioni statali.
Ben diversa la programmazione di Madame Le Pen. Le parole d’ordine del suo schema sono reindustrializzazione massiccia del tessuto produttivo e protezionismo dei mercati. L’orizzonte del candidato nazionalista rilancia una tassazione unica al 15% dei profitti realizzati dalle maggiori imprese francesi. Nel programma queste realtà sono una cinquantina.
Per bilanciare tal entrata, lo Stato dovrebbe dare la precedenza al commercio nazionale per la soddisfazione della domanda. Prevista altresì una tassazione agevolata a sostegno delle piccole strutture produttive provinciali unitamente ad un credito aperto per la ricerca (il Crédit d’impôt recherche, Cir).
Capitolo Unione europea. Lotta alla svalutazione monetaria tramite la reintroduzione del Franco. Acquisto di carta moneta da parte della Banca centrale e Referendum per l’uscita dall’Euro da negoziare nell’arco di un semestre. Dulcis in fundo, uscita dalle politiche agricole comunitarie e dalle aliquote dello scambio. Il che però vorrebbe dire, stando agli obblighi della giurisprudenza internazionale, salutare definitivamente l’Ue.