Elezioni Regno Unito: una piccola guida al sistema elettorale
Fra meno di un mese, i cittadini britannici saranno chiamati a votare alle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento; in particolare, della Camera dei Comuni. Quest’ultimo è infatti il vero ed unico organo elettivo del sistema monarchico parlamentare del Regno Unito. La Camera dei Lord, infatti, è composta da membri che acquistano la carica per via ereditaria. L’8 giugno si rinnoverà dunque l’organo legislativo di Sua Maestà. Da lì si passerà poi alla nomina del Primo ministro da parte della Regina Elisabetta. Il Primo ministro nel Regno Unito non necessità di un voto di fiducia del Parlamento.
Elezioni Regno Unito: appuntamento all’8 giugno
Theresa May, premier in carica, è nettamente in vantaggio nei sondaggi. Le ultime stime del centro studi YouGov danno il Partito Conservatore al 47% delle preferenze; più staccato il Partito Laburista di Jeremy Corbyn al 28%. Una vittoria apparentemente annunciata per i Tories.
Westminster Poll of Polls:
CON 47
LAB 29
LD 10
UKIP 6
GRN 3#GE2017https://t.co/RjgocsEBOm— OpinionBee.uk (@OpinionBee) 11 maggio 2017
La May, il 18 aprile scorso, aveva fatto passare la mozione per lo scioglimento del Parlamento conscia dell’ampio margine nei confronti dei laburisti. Chiaro il tentativo di ottenere un’ampia maggioranza e di formare un governo monocolore. L’obiettivo è quello di sbarazzarsi degli scomodi Liberal-Democratici di Tim Farron, schierati contro l’uscita dall’Unione europea.
I sudditi di Sua Maestà tornano quindi al voto, mentre in Italia si continua a discutere sulla nuova legge elettorale. Ecco rimandi, allusioni e confronti con il caso britannico, esemplare riguardo alla governabilità tanto agognata da molti politici ed opinionisti nostrani. Occorre dunque fare chiarezza. Sgombrando così ogni dubbio o diceria rispetto a tale sistema elettorale.
Elezioni Regno Unito: first past the post
Il sistema britannico è il cosiddetto sistema plurality o first past the post. Questa espressione, tradotta il primo vince tutto, sintetizza bene il meccanismo su cui si fonda tale sistema. Si tratta di un maggioritario a turno unico che si poggia sulla divisione del territorio in 646 collegi uninominali; corrispondenti ai 646 seggi della Parlamento di Westminster.
Tale meccanismo prevede che le formazioni politiche in lizza presentino un solo candidato in ciascun collegio. In ciascun collegio, vince e viene eletto solo il candidato che ottiene la maggioranza relativa. First past the post, per l’appunto.
In virtù di questo meccanismo, i politologi riconoscono una certa “dis-proporzionalità”; essa si caratterizzerebbe nella non-corrispondenza fra i voti presi da una determinata compagine politica e i propri seggi in parlamento.
Elezioni Regno Unito: un caso esemplare
Per fare un esempio di questa “stortura” del sistema britannico basta pensare al caso dello Scottish National Party (SNP) e del Partito Liberal-Democratico. Alle scorse politiche del 7 maggio 2015, il partito della premier scozzese Nicola Sturgeon ha raccolto il 4,54%, 1.454.436 preferenze, accaparrandosi così ben 56 seggi nel Parlamento di Westminster. Al contrario, i Lib-Dem di Nick Clegg hanno conquistato il 7,9% dei voti, 2.415.188 preferenze. Risultato? I Lib-Dem, nonostante quasi un milione di voti in più rispetto al SNP, hanno racimolato solo 8 seggi nel parlamento londinese.
Tutto questo nasce proprio dal sistema dei collegi uninominali. Un sistema che favorisce le formazioni politiche dalle forti radici territoriali e locali, penalizzando invece quelle con voto maggiormente diffuso su scala nazionale ma che non raggiungono un elevato numero di preferenze.
Nello specifico, lo Scottish National Party si presenta infatti come un partito a base territoriale, che nel 2015 ha raccolto pochi voti al di fuori dei confini scozzesi, ma che per il suo radicamento locale e per il forte carattere di protesta nei confronti del governo di Londra ha conquistato 56 dei 59 collegi della Scozia. Al contrario, i Lib-Dem hanno preso più voti ma hanno vinto solamente in 8 collegi, aggiudicandosi quindi solo 8 seggi parlamentari.
Elezioni Regno Unito: governabilità meno rappresentatività
A parte il tonfo delle ultime elezioni, il Partito Liberal-Democratico è stato da sempre considerato, almeno fino al 2015, il terzo partito britannico in quanto a preferenze. Tuttavia, i Lib-Dem non hanno mai scalfito il bipartitismo costituito da Labour e Conservatori, proprio in virtù del sistema plurality britannico.
I politologi riconoscono, in maniera unanime, come tale sistema vada a favorire la governabilità a scapito della rappresentatività. C’è poi il luogo comune secondo il quale il maggioritario consegnerebbe delle maggioranze parlamentari chiare dopo le elezioni. Questo è vero, ma non del tutto. Infatti, basta guardare anche solo al precedente recente delle elezioni del maggio 2015.
Dopo le elezioni, difatti, per avere la maggioranza parlamentare, David Cameron è stato costretto a formare un governo di coalizione assieme ai Liberal-Democratici. I conservatori i avevano infatti conquistato il 36,1%, arrivando “primi”, senza però ottenere i numeri sufficienti per creare un governo autonomo.
Elezioni Regno Unito: un aspetto positivo
Un aspetto positivo del sistema maggioritario uninominale all’inglese sarebbe poi quello di premiare la cosiddetta accountability; ovvero il rapporto fiduciario e di responsabilità che il singolo candidato instaura con il corpo elettorale. Infatti, per vincere all’interno dei collegi uninominali, per il candidato risulta fondamentale costruire uno stretto contatto con l’elettorato del proprio collegio. Un pregio dunque di questo sistema è quello di favorire la prossimità tra rappresentati e rappresentanti. Innegabili però rimangono le storture dal punto di vista della rappresentatività. Tipiche dei sistemi maggioritari in toto.
Federico Gonzato