Tasse: arriva la web tax, di cosa si tratta?
Tasse: arriva la web tax, di cosa si tratta?
“In Commissione Bilancio altro passo verso #equità fiscale”. Dopo la bocciatura della web tax nel 2013, Francesco Boccia ci riprova. Anche questa volta con un emendamento alla “manovrina”. Astenuti M5S e Scelta Civica. Il deputato del Pd affida a Twitter tutta la sua soddisfazione e scrive “dichiarare business in Italia o risponderne alle autorità”.
Tasse: web tax, di cosa si tratta?
Ora deve attendere la successiva norma da inserire nella legge di bilancio. La nuova web tax riguarda le multinazionali digitali. D’altra parte, rischia di colpire anche le piccole start up. Queste ultime, infatti, vedrebbero bloccati i loro servizi a causa delle tasse troppo elevate; molto probabilmente sarebbero costrette ad abbandonare il nostro Paese. Il fine giustifica i mezzi? La misura proposta del deputato Pd punta a recuperare un gettito fiscale che si aggirerebbe attorno a diversi miliardi di euro.
Infatti, colossi come Google, Apple, Facebook e Amazon pagano imposte molto basse nei paesi in cui le loro filiali fanno affari (Italia compresa) e riversano buona parte dei propri ricavi in paesi con imposte molto più basse. Da sottolineare, però, che l’attuale testo risulta pesantemente rimaneggiato rispetto a quello presentato nel 2013 e poi fatto naufragare dall’allora premier Matteo Renzi.
In comm.Bilancio altro passo verso #equità fiscale. #Ott possono scegliere:dichiarare business in Italia o risponderne alle autorità #webtaxpic.twitter.com/aZeuN0nx60
— Francesco Boccia (@F_Boccia) 22 maggio 2017
Tasse: web tax, il nuovo emendamento
Sconti sulle sanzioni in cambio della collaborazione delle aziende. Non più obbligo di Partita Iva. Più che una vera e propria tassa, infatti, la nuova web tax sembra una voluntary disclosure. Di fatto si tratta di un invito per evitare le contestazioni che negli ultimi mesi hanno coinvolto sempre più big del web nel nostro Paese.
Le aziende con un fatturato globale superiore al miliardo di euro e un giro di affari di almeno 50 milioni in Italia dovranno così collaborare con l’Agenzia delle Entrate per stabilire se hanno una “stabile organizzazione” nel nostro Paese. Solo in questo caso è prevista una tassazione assai superiore. La contropartita è una forte sconto sulle sanzioni applicabili dall’Agenzia delle Entrate. Ne è un esempio il caso di Google. Nel 2017 la società ha dovuto pagare all’erario ben 360 milioni di euro. Stesso sorte per Apple, che ne ha pagati 318.
Tasse: web tax, un difficile accordo
La nuova web tax italiana ha però un grande limite. Il mercato dei servizi, infatti, è ormai internazionale e sottoposto a leggi comunitarie. Sicuramente, rispetto a qualche anno fa, il clima internazionale è senza dubbio più favorevole. Lo scorso 12 e 13 maggio, infatti, il Team del G7 Finance ha stilato una proposta di web tax che fa parte anche della dichiarazione di Bari, che sarà ridiscussa il 7 luglio, data del prossimo G20. Ma le resistenze sono ancora tante, soprattuto quelle degli Usa.