Economia Italia: un Paese sempre più complesso secondo l’Istat
All’interno della cornice del Rapporto ISTAT 2017 è stato dipinto un affresco dell’economia sociale insolito. Gli analisti di via Cesare Balbo hanno palesato una nuova suddivisione del Paese in nove ceti rappresentativi, sfruttando un metro di calcolo inedito.
Economia Italia: l’eredità di un decennio
Nello studio sono state usate proposizioni dirimenti per la microeconomia strutturale: “Scomparsa del senso di appartenenza”; “disgregazione sociale dovuta al sistema delle diseguaglianze insite nel Welfare nazionale”. L’approccio di analisi prescelto dall’ISTAT ha rilevato un maggiore appiattimento dei redditi familiari, sovente monocellulari, e dei relativi percettori di questi. In buona sostanza, la recidiva cronica di una crescita malata.
Una perdurante crisi anti-ciclica depressiva ha ucciso il sistema-Paese. Dal 2008 ad oggi l’Italia ha lasciato sul terreno il 10% del PIL reale ed il 25% netto della sua produzione industriale. Eppure, rileva il Rapporto ISTAT, nell’ultimo anno il trend si è invertito. “Il mercato del lavoro ha mostrato andamenti favorevoli. Rispetto al 2015, l’occupazione residente è aumentata dell’1,3%; le unità di lavoro a tempo pieno dell’1,4%. L’occupazione settoriale ha inoltre rialzato la china nell’arco dei primi tre trimestri”.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, tutto ciò sarebbe stato il preludio per uno stravolgimento delle classi sociali e dei gruppi di appartenenza. Borghesia, Proletariato urbano, Classe operaia. Contenitori vuoti privi ormai di contenuto?
Economia Italia: disgregazione sociale o mutamento dei valori economici?
Il Dossier ha mutato alcuni valori statistico-economici di riferimento. Fino ad oggi, per la descrizione della piramide sociale, le principali indagini del settore hanno utilizzato il metro del reddito e delle relative diseguaglianze di profitto. Il cosiddetto Schema di Goldthorpe.
L’ISTAT, invece, ha optato per una euristica definita “Multidimensionale”. “La suddivisione delle famiglie in gruppi è stata condotta sulla base di una metodologia statistica che ha consentito di non definire a priori l’esito della classificazione. Con la prassi prescelta, concorrono invece a definire l’appartenenza delle famiglie all’uno o all’altro dei diversi gruppi sociali una pluralità di peculiarità. Titolo di studio, residenza, dimensione della famiglia. I gruppi qui presentati sono frutto di un approccio multidimensionale”.
In poche parole le nuove realtà sociali avrebbero adattato forma e sostanza ad un divenire economico del tutto imprevisto per via della sua eccezionalità. Resta a margine da chiedersi cosa possa dirsi davvero differente rispetto alla disamina dell’economia classica.
Le disparità pecuniarie hanno intaccato il tessuto profondo del Paese. L’affermare ciò non può certo rappresentare una novità assoluta. Così come fatica ad esserlo la paventata disaffezione dai margini censitari tradizionali. Ciò nonostante, dal Rapporto ISTAT, traspare un senso di appartenenza sostanziato ancora dalla percezione di un reddito. Più che ad una scomparsa delle classi, sarebbe forse più utile pensare ad una metamorfosi resiliente.