Genova e le amministrative: alleanza non ideologica cercasi
Genova e le amministrative: alleanza non ideologica cercasi
L’analisi politica dei risultati delle elezioni amministrative non è mai cosa semplice; il rischio, infatti, di letture superficiali, magari sulla scia delle polemiche da fazioni, è sempre dietro l’angolo. L’aria, tuttavia, che si respira a Genova in questa afosa mattinata di metà giugno ha indubbiamente un sapore diverso. Per quanto ancora nulla sia deciso, qualcosa di storico è in effetti accaduto e non può essere taciuto: per la prima volta nella storia della Superba il centro-destra ha ottenuto un numero di voti maggiore del centro-sinistra. Come ogni fatto storico necessità di riflessioni, consapevoli che per verificarne la portata occorre ancora tempo, almeno fino al ballottaggio.
Crollo PD, il cdx unito funziona ma anche il M5S migliora rispetto al 2012
Il primo elemento è, appunto, il crollo vertiginoso del PD e, in generale, dell’alleanza di centro-sinistra. Un dato è molto significativo. Alle scorse amministrative il candidato del centro-sinistra, Marco Doria, prese il 48,31% dei voti, mentre Crivello, nelle attuali, il 33,4%. Un crollo del 15 % dei voti. D’altro canto il vincitore di questo primo turno è indubbiamente il centro-destra; se nel 2012 si presentò diviso con Musso da una parte e Vinai, candidato del Popolo della Libertà, e Rixi candidato per la Lega Nord dall’altra, i quali ottennero, sommando i voti di ognuno, il 32%. Questa volta l’unione ha fatto la forza e Bucci, candidato unico, ha ottenuto quasi il 39%.
Ma pure il Movimento 5 Stelle, da molti definito il grande sconfitto, in realtà a Genova, ha avuto un incremento rispetto al 2012; passa dal 13,8% al 18,9%. Ma sicuramente le speranze dei pentastellati erano altre, perché alle regionali liguri del 2015 il M5S ottenne il 25%.
Crollo PD, il cdx unito funziona ma anche il M5S migliora rispetto al 2012
Al di là dei numeri e delle percentuali, è indubbio che il dato fondamentale sia la caduta vertiginosa del PD; le ultime elezioni comunali in cui a Genova ebbe la maggioranza relativa dei voti non un partito del centro-sinistra furono quelle del 1960. Questo dato non può non suscitare riflessioni profonde.
La prima è che non si può comprendere questa caduta demandando le responsabilità semplicemente alle scelte del partito locale. Nel 2015 si candidò per la regione Raffaella Paita, espressione del renzismo locale. L’allora Premier venne in visita in segno di appoggio. Quindi nonostante il “nuovo che avanza” (o presunto tale) la sconfitta fu altrettanto clamorosa. È evidente, allora, che a perdere non è stato semplicemente il candidato, secondo alcuni espressione della “vecchia” guardia, ma il partito stesso, da troppi anni al potere a Genova. Potremmo, quindi, dire che in questo primo turno ha vinto la voglia di cambiamento, al di là del fatto che il candidato del centro-destra ne sia davvero espressione.
Un’occasione persa. Gli avversari sono davvero invotabili?
Ma ulteriori due riflessioni, a caldo, sono importanti da sottolineare; la prima è la sensazione che, in ogni caso, la maggior parte dei genovesi abbia perso un’occasione. I numeri dei non votanti sono impietosi. Solo il 48% si è recato alle urne, meno della metà di coloro che hanno diritto.
Tra l’altro il fatto curioso è che mai come quest’anno sembrava essere rinnovato l’impegno politico di molti cittadini; sono nate liste su liste con nuovi volti. Le polemiche, anche in questo caso, non hanno tardato ad arrivare. Soprattutto nei social dove sembra prevalere, e anche questo è un aspetto sottovalutato ma problematico, un atteggiamento ideologico, quello di chi considera solo la sua idea e il suo pensiero speranza per il futuro e taccia altri candidati come invotabili. Questo atteggiamento, a ben vedere, può non essere del tutto incoerente con l’astensionismo. L’indifferenza, spesso, è la reazione all’aria irrespirabile dell’ideologia dell’unico. Quella che vuole salvezza da un parte (la propria) e la dannazione dall’altra (l’avversario politico).
Genova affronti con coraggio il contesto politico ed economico
Un’ultima riflessione di carattere più politico è sul merito dei programmi dei diversi partiti; quasi nessuno ha proposto una riflessione sul rapporto tra Genova e il contesto politico ed economico nella quale l’Italia è immersa, ovvero il sistema Unione Europea. L’unico, va detto, è stato l’avvocato Mori, la cui perfomance non è stata di certo brillante (0,6%) ma che ha avanzato il problema del rapporto tra la città e i vincoli del patto di stabilità. Non è un argomento che può essere tralasciato e la sensazione è che in futuro lo sarà sempre meno; anche perché il contesto genovese è quello di una città de-industrializzata che ha perso decine di migliaia di lavoratori.
Le ultime settimane genovesi sono stati calde da questo punto di vista: basti pensare all’ILVA e ai 6000 esuberi annunciati; al caso AMIU di cui è previsto per il 19 luglio la decisione sul commissariamento (con conseguente aumento della Tari); senza dimenticare il caso IREN o tutte le aziende che in questi ultimi vent’anni hanno abbandonato la città. Con loro se ne sono andate le speranze lavorative e il futuro di molti giovani. Solo affrontando non ideologicamente questa situazione e questo conteso Genova può uscire dall’impasse; solo una riflessione politica coraggiosa, condivisa, che cerchi di unire le forze senza spot elettorali può aiutare la Superba.
Una collaborazione necessaria: basta lotte ideologiche
Il ripensamento politico di cui Genova ha bisogno, non passa semplicemente da un candidato piuttosto che un altro. Occorre una riflessione sul posto di Genova in Italia e in Europa, sul rapporto tra sovranità e politiche internazionali non aggressive. Accanto a queste, serve un cambiamento delle forme di partecipazione. Non è un caso che la proliferazione di liste e candidati si accompagna ad un crollo delle preferenze e dei votanti.
Se fosse l’ora di abbandonare le polemiche inter-partito e le lotte ideologiche tra fazioni per incominciare una collaborazione tra movimenti e idee diversi che, tuttavia, sono accomunati dalla voglia di costruire il bene comune? E se l’impasse politica italiana fosse frutto anche dell’incapacità di mettersi insieme, anche pensandola diversamente, per capire le cause della crisi economica, culturale e sociale in cui siamo immersi per vedere i germi di futuro di cui ogni momento difficile è gravido?
Davide Penna per il blog Nipoti di Maritain