Sul blog di Beppe Grillo è comparso un post di commento al dibattito di riforma elettorale, un’analisi a firma di Aldo Giannuli – storico e saggista – della proposta in campo. Nell’elencare i punti chiave della bozza di accordo raggiunta tra Pd, Lega e Forza Italia in merito alla riforma del Senato, nell’articolo si affronta il tema dell’emendabilità, analizzando quindi i punti che necessitano particolari modifiche. Questo perchè “salvo una improvvisa e, per ora, non prevedibile rottura fra Pd, Fi e Lega o di incidenti di percorso in aula, è estremamente probabile che la riforma del Senato si farà, per cui conviene concentrarsi sulla possibilità di emendarla”.
OK ADDIO A BICAMERALISMO, MA SENATO ELETTIVO – Il superamento del bicameralismo perfettamente paritario è ritenuto “condivisibile”. Molto meno invece l’elezione di secondo grado dei componenti del Senato, in quanto ciò rendererebbe una delle due camere “non più espressione della volontà degli elettori, ma un affare del ceto politico e delle sue mediazioni interne”. E ciò vale anche restando ferma l’elezione diretta dei consiglieri regionali. In ciò, Giannuli sottolinea un passo indietro rispetto al testo originario di riforma, perché “si trattava di un Senato che aveva competenze meramente residuali”, tali da rendere accettabile anche una camera alta non elettiva. Ma ora non più, specie con il potere di intervento nelle leggi di riforma costituzionale, che “rende molto rilevante il carattere non elettivo del Senato” e rimette il “potere di modifica della Costituzione ad una mezzadria fra una assemblea elettiva ed una non elettiva pura espressione del ceto politico”.
SENATO E REGIONI – Con la riforma in discussione il Senato diventa “una sorta di conferenza Stato-Regioni che, però, consegna nelle mani delle Regioni una sorta di potere ostruzionistico nei confronti dell’altra Camera attraverso il potere di rinvio”. Ciò è ritenuto un male, in quanto la Camera dei Deputati diventerebbe “una sorta di “ostaggio” nelle mani delle autonomie locali”. Per non parlare del potere acquisito “dai delegati regionali nell’elezione dei giudici costituzionali, destinati a dirimere le controversie fra poteri dello Stato e, dunque, fra Stato e Regioni”. Ciò aprirebbe la strada ad una sorta di “sindacato delle autonomie locali dotato di poteri di veto o condizionamento del processo legislativo e di elezione delle alte cariche dello Stato”.
EMENDAMENTI – Risulta necessario quindi, secondo Giannuli, “ripristinare il carattere elettivo del Senato” o, in via subordinata “un carattere parzialmente elettivo di questa assemblea”, con un terzo o al massimo metà dei seggi riservati all’elezione indiretta oppure ai consiglieri regionali meglio collocati con il metodo d’Hondt di calcolo. Inoltre al Senato va sottratta “la competenza in materia costituzionale”, prevedendo “l’abolizione della partecipazione dei senatori all’elezione del Presidente della Repubblica” o, in via subordinata, abolire i 58 delegati regionali attualmente previsti. Considerazioni analoghe per l’elezione dei giudici costituzionali – ma anche per il Csm – da affidare solo al Senato se elettivo o alla Camera in caso contrario.
IMMUNITA’ – “L’immunità parlamentare è stata un istituto a tutela dell’indipendenza del Parlamento dagli altri poteri dello Stato ed ha assolto ad una funzione importante nel radicamento della Democrazia. Tuttavia, non si può non notare che, negli ultimi quaranta anni, se ne è fatto un uso ignobile che ha coperto il sistematico latrocinio di una classe politica sempre più indecente”. Da qui, secondo Giannuli, “è auspicabile il superamento dell’attuale assetto, consentendo alla magistratura di fare il suo corso senza alcun tipo di autorizzazione”, mentre serve maggior cautele per le misure che vanno a limitare la libertà personale, auspicando il “mantenimento dell’immunità” per situazioni particolari come votazioni importanti dall’esito incertissimo, che potrebbero essere indirizzate da eventuali arresti. Magari istituendo un “giudice terzo, che con decisione motivata (insisto: “MO-TI-VA-TA”) autorizzi o meno l’arresto”.
Emanuele Vena