DAL BLOG: Magistratura: l’ingiustizia italiana
Magistratura: l’ingiustizia italiana
Della magistratura abbiamo bisogno e dobbiamo fidarci. Incarna uno dei poteri dello Stato; il meno democratico (anzi, per niente), il più potente (può togliere la libertà alle persone). È essenziale per la convivenza civile. Ciò detto ricominciamo daccapo e parliamo del caso di Ilaria Capua come esempio di ciò che può combinare l’intreccio di poteri, funzioni, norme, procedure che compongono l’ordinamento giudiziario nel nostro Paese. Aggiungiamo però un altro pezzo che negli ultimi anni è diventato fondamentale: il rapporto con l’informazione, con l’opinione pubblica. Un rapporto che può sconfinare nell’interesse morboso e il protagonismo di molti magistrati che tengono ad avere un profilo pubblico.
Magistratura: l’ingiustizia italiana
Noi opinione pubblica siamo in fondo tutti spettatori e “naturalmente” crediamo ai magistrati più che agli indagati/accusati. Altrettanto “naturalmente” veniamo colpiti più dalla fase iniziale dei procedimenti giudiziari e non ne seguiamo i passaggi successivi. In questo ci aiutano i giornalisti che diffondono intercettazioni, atti giudiziari, notizie e tutto quanto può interessare il grande pubblico.
Il sistema giudiziario però procede con logiche sue che noi spettatori semplifichiamo molto arrivando subito alle nostre conclusioni.
E quelle ci bastano nella maggior parte dei casi e influenzano i nostri giudizi successivi. Per esempio se il politico X viene accusato di corruzione noi aggiungiamo questo caso agli altri che abbiamo memorizzato in precedenza e, dopo un po’, concludiamo che rubano tutti. Ma se dopo anni il politico X viene assolto da tutte le accuse noi non lo sappiamo e se anche veniamo a saperlo non cambiamo il nostro giudizio.
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Torniamo al nostro esempio, Ilaria Capua. Viene a sapere dell’inchiesta in corso su di lei da nove anni il 3 aprile del 2014 attraverso un articolo de L’Espresso che parla di trafficanti di virus, di accordi tra scienziati e aziende farmaceutiche per produrre vaccini ed arricchirsi. Nessuno l’aveva avvisata né le aveva chiesto spiegazioni prima. Come si fa con le inchieste sui trafficanti di droga. D’altra parte le accuse erano gravi. Uno dei reati per i quali veniva indagata (procurata epidemia) prevede la pena dell’ergastolo. I giornalisti invece sapevano tutto.
Chiaramente dopo la pubblicazione dell’articolo su L’Espresso si scatena la gogna mediatica ed Ilaria Capua si dimette dal Parlamento e se ne va dall’Italia. Ma nessun magistrato la interroga. Se non fosse stata una scienziata di fama internazionale la sua vita sarebbe stata rovinata. Per cosa? Per nulla perché nemmeno si va a processo. Il giudice che lo decide scrive che il delitto è insussistente e che sono state mosse accuse prive di fondamento. Prive di fondamento! E chi risponde per questo?
Anni di indagini inutili, soldi sprecati, infamia gettata addosso a persone che non avevano alcuna colpa. Nessuno ne risponde.
Il caso di Ilaria Capua vale come esempio, ma è solo uno dei tanti. Ce ne sono altri meno noti che o non vengono conosciuti o occupano un piccolo spazio nelle cronache e non colpiscono l’opinione pubblica. Di sicuro non con lo stesso effetto di quando i giornali annunciano l’avvio di un’inchiesta. Prendiamo la recente assoluzione di tredici imputati dopo un processo durato sette anni con l’accusa di aver messo in piedi un sistema di tangenti per accaparrarsi appalti ferroviari. Nel 2010 titoli da prima pagina, arresti, sequestri di beni ecc ecc.. Cioè vite rovinate. Ebbene adesso sono stati assolti “perché il fatto non sussiste”.
I tredici assolti saranno stati contenti che “il fatto non sussiste” peccato che ci sono stati magistrati che hanno creduto alla sua esistenza. Si potrebbe chiedere loro come caspita lavorano? Forse se fossero chiamati a rispondere dei danni che provocano ci starebbero più attenti. Ah già, non si può fare sennò si intimidiscono di fronte ai potenti.
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Insomma un bel pasticcio che forse non ha una soluzione semplice. Però intanto si potrebbe chiedere ai magistrati di essere come dei sacerdoti laici ed astenersi da qualunque protagonismo pubblico rinunciando alla loro funzione nel caso di passaggio alla carriera politica. Sicuramente si dovrebbe essere molto severi con quelli tra loro che passano documenti giudiziari ai giornalisti. Si potrebbero rivedere le norme sulla responsabilità perché rovinare la vita delle persone inutilmente non può essere a costo zero. Si potrebbe anche chiedere al Consiglio Superiore della magistratura di essere più severo nel giudicare le loro mancanze. E si potrebbero escludere dagli uffici legislativi dei ministeri perché il loro compito non è scrivere le norme bensì applicarle ai casi concreti.
Claudio Lombardi