La vicenda è, da giorni, al centro dell’attenzione degli addetti ai lavori e non solo: la Lega Calcio nelle prossime ore dovrà decidere se assegnare o meno a Sky il diritto di trasmettere, in esclusiva, in diretta, sul satellite e sul digitale terrestre, le partite di calcio del prossimo campionato tra le squadre più blasonate come una valutazione esclusivamente economica delle offerte pervenute richiederebbe giacché la Tv di Rupert Murdochha presentato offerte ben più alte rispetto a quelle presentate dalla sua diretta concorrente Mediaset.
In un’asta, normalmente, vince chi offre di più ma, in questo caso, la Lega Calcio – banditore d’asta – ha segnalato di ritenere di dover, forse, modificare questa gara in ossequio ad una disposizione di legge che vieterebbe l’assegnazione ad un unico soggetto dei diritti di esclusiva per la trasmissione su tutte le piattaforme.
In tanti mormorano – non senza fornire argomenti verosimili e suggestivi – che si tratterebbe solo di un espediente per “salvare” Mediaset che, in caso contrario, si vedrebbe scippare da Sky una ghiotta opportunità di giocarsi la “partita” del calcio in Tv, una partita che le Tv dell’ex-Cavaliere sembrano non potersi permettere il lusso di perdere.
Difficile fugare il dubbio che i maligni abbiano ragione, considerato il ruolo chiave che nella Lega Calcio – e, quindi, negli uffici del banditore d’asta – gioca Adriano Galliani, l’uomo del Gruppo Berlusconi nel mondo del calcio.
Ma con questo genere di dubbi e sospetti – in assenza di prove certe o, almeno, di indizi concordanti – non si scrive la storia e non si racconta il Paese.
Il punto è un altro ed è un punto che affonda la propria ragion d’essere in fatti inequivoci ed incontestati.
I documenti di gara – ovvero l’offerta con la quale la Lega Calcio ha invitato le grandi Tv a fare le loro offerte per aggiudicarsi i diritti di cui si discute e le linee guida, approvate dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni – contengono solo pochi, laconici, ermetici ed ambigui riferimenti al divieto che la Lega Calcio oggi sembrerebbe intenzionata ad opporre a Sky per negargli l’aggiudicazione del diritto di trasmettere il calcio che conta di più, in diretta, sul satellite e sul digitale terrestre.
E, a ben vedere, la formulazione dei limiti in questione è tale da portare più facilmente ad escludere che la Lega Calcio possa esercitare un simile potere che non il contrario.
C’è scritto, infatti, nel bando della gara alla quale Sky e Mediaset hanno partecipato che “non è consentito ad un singolo operatore di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti di trasmissione degli eventi in diretta su tutte le piattaforme”.
Tuttavia, Sky – sulla base delle offerte presentate – non si aggiudicherebbe “tutti i pacchetti di trasmissione in diretta” su “tutte le piattaforme” con la conseguenza che non c’è nel bando traccia deldivieto che la Lega vorrebbe, ora, opporre alle Tv di Murdoch.
Né un divieto del genere c’è – al contrario di quanto da giorni si sente ripetere da Mediaset – nel c.d.Decreto Melandri, ovvero nella disciplina dei diritti sul calcio in Tv.
L’art. 9 del Decreto, infatti, si limita a prevedere che “è fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette”.
Non è, ancora una volta, quanto accadrebbe se la Lega aggiudicasse – come vorrebbero i numeri delle offerte – a Sky i due pacchetti per i quali quest’ultima ha fatto le offerte più alte.
Ma non basta perché neppure le linee guida approvate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e dall’Autorità antitrust in vista della predisposizione, da parte della Lega Calcio, del bando di gara, esplicitano un simile divieto nei termini in cui Mediaset suggerisce di leggerlo e la Lega sembra tentata di leggerlo.
Nelle linee guida, infatti, ci si limita a prevedere che “in ogni caso un singolo operatore non può acquisire in esclusiva tutti i diritti di trasmissione degli eventi in diretta su tutte le partite”.
Non è, come già detto, quello che accadrebbe lasciando che siano i valori economici delle offerte a guidare l’aggiudicazione dei pacchetti.
Questi sono i fatti e questi fatti raccontano, in modo inequivocabile, la più difficile delle realtà da digerire per un Paese civile: delle due l’una o una “partita” che vale miliardi di euro e che ha un peso straordinario nel sistema televisivo italiano è in mano ai soliti “furbetti del quartierino” o è stata gestita da autentici cialtroni incapaci di scrivere ed applicare regole semplici, chiare ed inequivoche.
Difficile scegliere quale dei due scenari preferire specie se si tiene conto che le regole delle quali si discute sono passate per i tavoli delle due Autorità indipendenti alle quali la legge assegna, tra gli altri, il compito di garantire lo sviluppo competitivo, democratico ed armonioso del mercato televisivo.
Il rischio – in un caso e nell’altro – è ora che un’asta da un miliardo di euro venga annullata, con il mondo intero a ridere di noi ed a giudicarci, un’ennesima volta, come un Paese dal quale la certezza del diritto – presupposto irrinunciabile per qualsivoglia sviluppo democratico, culturale ed economico – ha preso il volo molto tempo fa.
Furbetti o cialtroni, questo penserà di noi chi, all’estero, tra qualche ora, leggere di questa ennesima brutta storia italiana.